martedì 20 giugno 2017 - Giovanni Greto

La Biennale Danza a Venezia (23 giugno-1luglio)

L’undicesimo Festival Internazionale di Danza contemporanea (23 giugno-1luglio) è stato brevemente illustrato nella sede della Biennale dal presidente Paolo Baratta, accanto al quale sedeva l’ artista canadese Marie Chouinard, per quattro anni responsabile del settore Danza della Fondazione veneziana.

“La Biennale ha voluto dare una svolta – ha esordito Baratta – in vista del quadriennio artistico che sta per partire. Abbiamo concordato, Marie ed io, l’opportunità di dare all’intero programma una linea strategica unitaria, scandita in quattro parti. Non a caso il titolo di quest’anno è First Chapter, Capitolo primo”.

 La novità più importante riguarda il potenziamento di Biennale College-Danza. Nato per promuovere talenti, offrendo loro di operare a contatto di maestri per la messa a punto di creazioni, Biennale College – Danza si articola quest’anno in due filoni, quello per danzatori e , ecco la novità, quello per coreografi. Quindici danzatori (undici italiani, due statunitensi, un francese, un’australiana) hanno iniziato il 4 aprile un lavoro intensivo per un percorso di tecnica (tecniche somatiche da una parte e tecniche di danza contemporanea dall’altra) e di interpretazione, che si concluderà il 26 giugno, dove in Sala d’Armi alle 18 verranno presentati un estratto dal laboratorio su “Sider”(2011), una coreografia di William Forsythe e “Nuova Creazione”, esito del laboratorio “That choreograph us”, ideata appositamente per il College da Benoit Lachambre.

Sorridente, simpatica, aperta e disponibile alle domande, Marie Chouinard ha tenuto a precisare che il suo non sarà un Festival con spettacoli show, ma piuttosto di Arte della Danza, perché la Danza è prima di tutto arte e arte d’autore. “Gli artisti che ho scelto li ho scelti perché le loro opere sembrano far risuonare nuove dimensioni, che mi obbligano a creare nuove connessioni neuronali, a respirare in un altro modo, a vedere le cose in un altro modo, ad avere un’altra idea del mondo”. Ha poi sottolineato l’importanza di coinvolgere il pubblico. Perciò, alla fine di ogni spettacolo, ci sarà un incontro con il coreografo, mentre il ristorante alle Bombarde, dentro l’Arsenale, o il cortile della sala Marcaglia, in campo della Tana, saranno punto d’incontro per pubblico e artisti. Molti, inoltre, i film proiettati in orari pomeridiani- un’altra novità – con l’intenzione di cogliere l’arte delle coreografie in ogni espressione umana.

La sezione di Biennale College dedicata ai coreografi presenta tre giovani artisti – Irina Baldini italo-finlandese, Chloe Chignell, australiana, Joaquìn Collado Parreno, spagnolo – che per sei settimane hanno avuto a disposizione sette danzatori professionisti per i quali, secondo la propria ispirazione, hanno creato un brano ciascuno tra i dodici e i venticinque minuti, che sarà presentato il 28 giugno alle 21 e 30 al teatro Piccolo Arsenale.

Durante i nove giorni del festival saranno presentate, oltre agli esiti di Biennale College, ventisei coreografie, di cui nove in prima italiana e una in prima europea, con grandi protagonisti – da Louise Lecavalier a Mathilde Monnier -, nomi nuovi e in forte ascesa come Daina Ashbee, Dana Michel, Alessandro Sciarroni e Clara Furey e i giovani coreografi di Biennale College.

Anche quest’anno ci sarà uno spazio all’aperto, in campo S.Agnese, totalmente libero, dove alle 11 e 30 andranno in scena brevi coreografie ed eventi legati a Biennale College.

Il Leone d’oro alla carriera è stato assegnato alla coreografa americana Lucinda Childs che inaugurerà il festival il 23 giugno alle 21 e 30 al teatro alle Tese con “Dance”, titolo manifesto del minimalismo astratto, destinato ad influenzare generazioni di danzatori. Ha conquistato il Leone d’argento Dana Michel, africano-americana di Ottawa, che presenterà “Yellow Towel”(27 giugno, Tese dei Soppalchi, 19 e 30) in cui stigmatizza e capovolge gi stereotipi della cultura black.

Un grande “in bocca al lupo” a Marie Chouinard, perchè ha creduto molto nel valore di un festival a maggioranza di artisti italiani, grazie al quale “ho avuto l’occasione di proporre autori, opere, artisti e pratiche corporee in cui credo profondamente, che aprono i nostri schemi mentali e percettivi verso altre dimensioni, che forzano il dialogo tra noi e le nostre abitudini, tra le nostre strutture mentali e la nostra libertà, verso una bellezza rinnovata e una vitalità radicale”.




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