domenica 23 ottobre 2016 - Saro Pafumi

L’uomo e l’auto

Partono, si fermano, ripartono, svoltano, girano, vanno su e giù come calabroni impazziti. Prigionieri tra quatto lamiere, per bussola un semplice cerchio. Ammorbano l’aria e rendono rumoroso ciò che silenzio è. Si sfidano correndo senza un perché, spesso si scontrano, si contorcono, s’aggrovigliano, si spiaccicano, senza il tempo d’emettere un fiato o di poter dire ahimè. Quanto sono diversi da chi pulisce il terreno per farne cibo, loro, al contrario, inquinano ciò che poi mangiano. Sono folli senza saperlo.

Quante stragi sul loro cammino: scarafaggi, formiche, un gatto, che diventano asfalto, o un cane, prima, amico dell’uomo, ora fastidioso ingombro che nessuno rimuove, destinato a marcire. ‘All’alt’ diventano vili, impauriti, timorosi o consapevoli che in regola non si è. Accampano scuse, dolori, tragedie, qualcuna fa l’occhio di triglia pur di evitare la causa del perché. Siamo schiavi senza saperlo, generosi senza volerlo. Impavidi o incoscienti, che differenza c’è? Non è un abito o una camicia, è una corazza che c’ingabbia, una protesi che ci umilia, una compagna o forse una nemica, una che ci dissangua e ci fa perdere energia. La curiamo, la coccoliamo come fosse una moglie, la figlia, la madre o un’amante che non è.

Alla fine la rottamiamo assieme al nostro DNA, che in ogni buco o pertugio abbiamo lasciato, per comprarne un'altra più bella, più comoda. Per bisogno, per lavoro, per necessità? Per vanità, quel frivolo compiacimento che ci fa perdere di qualità. Che importa, la nostra vita ricomincia come il volo del calabrone, piccolo, tozzo, con piccole ali, nemmeno adatto per volare, eppure sul quel marchingegno infernale si riesce a partire, andare, venire, qualcuno persino a sognare, sperando sempre di ritornare.

 

Saro Pafumi




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