lunedì 19 dicembre 2011 - Trilussa

L’educazione sentimentale e la paura per il diverso

E’ la storia della ragazzina che si dice violentata da un Rom.
Nessuno si chiede se sia vero, d’altra parte i Rom sanno fare questo ed altro.
Parte la rappresaglia ed il campo è distrutto, dato alle fiamme, le famiglie rom allontanate. Ma la ragazzina ha un fidanzatino e non riesce a mantenere quella purezza che i genitori facevano controllare mensilmente. Non è disobbedienza, dice piangendo, ma violenza! Solo il giorno dopo confesserà.

Si è saputo che la ragazzina di 16 anni di Torino che ha dichiarato fra le lacrime ai Carabinieri di essere stata violentata da un rom veniva sottoposta con cadenza mensile ad un regolare quanto invasivo controllo della propria verginità su espressa richiesta dei propri genitori.

I genitori forse così pensavano di educarla agli ideali cristiani che vedono nel sesso sempre qualcosa di peccaminoso, oppure semplicemente di darle una buona educazione, un po’ alla vecchia maniera dei loro padri o dei loro nonni, dove il sesso veniva permesso, specie se donne, solo dopo un regolare matrimonio e solo come atto di amore verso il proprio marito.

Addirittura il loro scopo poteva all’apparenza sembrare nobile, per mettere la loro figlia, il bene più prezioso della famiglia, al riparo da questo mondo sempre più volgare, dove oramai ogni pudore è scomparso e i vari ospiti televisivi (la fonte principale di ispirazione per le nuove ma anche per molte vecchie generazioni), fanno a gara nell’esibire pubblicamente la loro ignoranza culturale e la loro volgarità.

Una società, la nostra occidentale, dove il sesso è oramai completamente sganciato dal sentimento e viene sempre più usato senza quel forte coinvolgimento emotivo che lo nobilita e lo rende straordinario, ridotto ad un semplice divertimento, come un nuovo cellulare, come un iPod o un motorino usati per compensare il vuoto culturale e la mancanza di valori che circonda da tempo i nostri giovani..

Ma la ragazzina aveva un fidanzatino e si sa come vanno a finire queste cose, si cerca di respingere, di resistere al desiderio perché non sta bene, perché i genitori non vogliono, ma poi gli ormoni prendono il sopravvento, il primo amore regala emozioni a cui non siamo preparati, si cede e può succedere che la verginità è perduta.

Ed ecco il fattaccio. Cosa raccontare alla prossima visita di controllo?

Che si è venuti meno ad una promessa, che si è disubbidito ai genitori che ci tenevano così tanto che la loro figlia fosse diversa, non fosse “come quella là”.

Non è stata volontà, cedimento, disubbidienza, si inventa allora la ragazzina, è stata violenza!

E violenza non da parte di uno sconosciuto incontrato per strada, cosa possibile ma che può essere messa in dubbio. La ragazzina va sul sicuro e riferisce di essere stata violentata proprio da chi è solito fare queste cose, la parte più abbietta di questo mondo, di questa società, la feccia, quella che normalmente ruba, rapina violenta e ammazza, i ROM.

Basta questa parola per scatenare la rappresaglia.

Una povera famiglia disperata in pochi attimi diventa una enorme folla vociante e rabbiosa. Per quello che hanno fatto alla povera e indifesa ragazzina (rovinata per sempre) e per quello che potranno fare anche ai nostri figli, alle nostre case, ai nostri beni, le nostre cose acquistate con tanti sacrifici e bla bla bla.

Perché i ROM sono comunque colpevoli e nessuno si domanda se sia vero quello che è stato raccontato, se veramente violenza ci sia stata.

Parte l’assalto ed il campo viene distrutto e dato alle fiamme, i ROM (finalmente) cacciati.

Ma i Carabinieri chiedono particolari, vogliono orari e luoghi precisi, testimoni e riscontri e la ragazzina, già probabilmente presa dal rimorso per la sua sciocca denuncia, non è in grado di reggere a lungo e confessa.

Non violenza ma semplice cedimento al desiderio.

E' una vicenda minore che si è risolta fortunatamente senza gravi danni.

Un paio di servizi televisivi allarmanti, la solita retorica simil-leghista (ma oramai questi hanno smesso gli stretti panni dei legislatori attenti e sono ritornati alle loro vere origini, razziste e xenofobe) e lo spettacolo penoso e allarmante di una folla che non si sente razzista ma semplicemente vestita dei panni del giustiziere che rimedia ai torti subiti dalla povera indifesa ragazzina.

Nessun Rom ferito, qualche madre piangente con un bimbo in braccio, nessuna denuncia. Il giorno dopo una semplice smentita da parte delle forze dell'ordine in un comunicato che riporta la confessione, spero fra le lacrime, della ragazzina fra lo sconcerto (spero) dei genitori.

Rimane l'amara consapevolezza della inadeguatezza di questa famiglia e della stessa società, impreparate a queste nuove sfide.

La sfida della educazione responsabile da parte della famiglia, troppo spesso distratta, disattenta nei confronti dei bisogni e dei desideri dei figli. I genitori molto spesso troppo assenti per il lavoro, per i vari problemi, assorbiti da una vita troppo veloce e convulsa nella quale il figlio è spesso trascurato e affidato ad altri soggetti poco adatti alla loro educazione. I nonni troppo spesso accondiscendenti ed una scuola spesso non all’altezza né a livello formativo e tanto meno comportamentale.

Oppure genitori che credono di compensare con una severità eccessiva questa mancanza di dialogo, questa carenza di scambio, di rapporti. Genitori che spesso non capiscono che per crescere il ragazzo, il figlio deve da solo decidere della propria vita e fare da solo i propri errori perché è proprio da questi che è in grado poi di capire e decidere coerentemente.

Estremi educativi entrambi che non permettono una crescita equilibrata e spingono spesso alla bugia come sistema usato o per naturale indifferenza o per difesa. 

Dall'altra abbiamo una società culturalmente impoverita ed egoista, costretta spesso dai bisogni reali o indotti (ma il risultato è lo stesso) che la rende feroce, aggressiva, una collettività insoddisfatta che vede in questa situazione la possibilità di sfogare i propri istinti, la propria rabbia contro il diverso, il Rom o il negro, responsabili proprio del loro malessere, della loro infelicità.

Etnie diverse da noi che ci portano via il lavoro, che rubano nelle nostre case, che mandano i loro figli promiscuamente nelle nostre scuole e spesso non pagano la mensa, che hanno il coraggio di chiedere anche le nostre case per viverci con i loro numerosi figli.

Esempio di una infelicità ricercata al di fuori di se stessi ed attribuita ad altri, una rabbia pronta ad esplodere quando, specie in questo momento, non più mitigata dal consumo, dall'acquisto, dalla spesa compulsiva che pur momentaneamente riesce a mitigare l'angoscia, a offrire piccole tracce di felicità.

Anche questo è il segno del grave momento di difficoltà in cui versa il paese, difficoltà di tipo economico ma anche il segno di un decadimento culturale oramai decennale e a cui bisognerà, prima o poi pena l’imbarbarimento della società, cominciare seriamente a porre rimedio.




Lasciare un commento