venerdì 14 luglio 2017 - Flaminia P.Mancinelli

L’arroganza e la modestia

Pensieri vari dalle mie ultime letture… Grisham, Murakami e gli esordienti. E scoprire cosa pensa di loro il re del Legal Thriller.

Qualche settimana fa, sul Tuttolibri de La Stampa (n° 2054 del 17 giugno 2017), mi è capitato di leggere un’intervista a John Grisham, in occasione dell’uscita in Italia del suo ultimo romanzo, Il caso Fitzgerald.
Dopo le domande di rito, il discorso è caduto sui Self publisher, quella massa in continua crescita di autori esordienti che, rifiutati gli editori tradizionali o decidendo di snobbarli, si indirizzano sempre più spesso verso le piattaforme che Il caso Fitzgeraldpermettono loro l’autopubblicazione, prima fra tutte Amazon.
Nella posta del celebre autore americano, finiscono parecchi manoscritti di Self e, inaspettatamente la reazione del re del Legal Triller qual è? Cestinare, cestinare tutto senza pietà, senza concedere a questi dilettanti della penna nemmeno una chance … L’avreste mai creduto? Tanta “arroganza” in un autore che all’apparenza sembra così gentile e disponibile?
«C’è un motivo se le case editrici non li vogliono: perché sono brutti. Allora se li pubblicano da soli online su Amazon, Self-Publishinge così tutti possono definirsi autori». E poi ridendo aggiunge che di questi non legge «neanche 50 pagine» quelle che è abituato a dare a coloro che sono pubblicati in modo tradizionale, prima di abbandonarli se la lettura non lo convince.
L’avreste mai detto?

In questi giorni, mi sono decisa a leggere un piccolo saggio, pubblicato da Einaudi lo scorso febbraio: Il mestiere dello scrittore, di Murakami Haruki, un autore che amo molto e leggo spesso. Non amo i libri che parlano di scrittura, così come non amo le “scuole di scrittura creativa”, temo sempre mi vengano rifilate delle ricette buone per ogni stagione. Quindi avevo procastinato questa lettura, pur essendone incuriosita. Dopotutto conoscere il pensiero di un autore chesi apprezza su un tema così discutibile è senz’altro interessante.
Bene. Nel libro dello scrittore giapponese vi è la sua esperienza e i suoi metodi di lavoro, ma sempre accompagnati Il mestiere dello scrittoreda una precisazione: questo è il mio personale training, ma ve possono essere dialternatvi altrettanto validi. L’importante è non dimenticare mai che la carattersitca principale del mestiere dello scrittore è la libertà. Pagine dalle quali emerge sia la sua professionalità sia la sua modestia, caratterisitica quest’ultima che si manifesta con più evidenza via via che egli continua la sua esposizione.


Murakami HarukiScorrendo le pagine, ad un certo punto il lettore incappa nel racconto dei rapporti tra Murakami e i premi letterari (che detesta almeno quanto gli editor…). E, in un inciso, ci spiega qual è la sua posizione nei confronti degli esordienti. Per farlo ci introduce nella sua personalità di scrittore (senza risparmiarsi aggettivi abbastanza graffianti: egoista, accentratore, tirchio del suo tempo), ma iniziando al contempo a scusarsi per questo. La sua è una condizione che in tutta sincerità gli impedisce di leggere, giudicare o consigliare coloro che per la prima volta si affacciano sul ring della scrittura. Ma… Ma è lungi da lui insultare i romanzi degli esordienti, di giudicarli “brutti” o impubblicabili. Anzi in più occasioni incoraggia i nuovi autori a fare il loro ingresso sul ring dove si acomodano gli scrittori e dove c’è posto per tutti. L’esordiente, per Murakami, è il collega, il compagno di strada che invita con modestia a svolgere quello che per lui (e anche per me…) è il più bel mestiere del mondo.
Notate una differenza tra i due autori che sono spesso in aperta competizione nelle classifiche deiBest seller? Io non aggiungo altro…

Leggendo l’intervista di Tuttolibri, la giornalista ha avuto comunque il merito di incuriosirmi sull’ultima fatica dell’autore americano scrivendone: «Plot perfetto, come sempre. Suspence assicurata. Grisham non delude i suoi fedeli lettori, ma questa volta li accompagna anche dentro il fantastico mondo della carta stampata e sembra quasi un atto di amore per i libri e i coraggiosi librai indipendenti che cercano di resistere all’assalto di Amazon. Ma anche John Grishamuna satira divertita sul carrozzone letterario, con i suoi tic, le nevrosi e le manie di quei personaggi dall’Ego smisurato che lo popolano, cioè gli scrittori.»
Così l’ho acquistato e l’ho subito cominciato a leggere…
Mammamia che noia! Che terribile barbosa sequela di fatterelli e particolari minuti. Pagine e pagine per introdurre il “vero Plot” che si perdono nel racconto prima di un furto (quello appunto dei manoscritti di Scott Fitzgeral) e poi della vita del libraio-protagonista della vicenda. Colpi di scena zero, suspense meno di zero, tanto che a un certo punto mi è tornato in mente un altro romanzo scritto dal re del Legal Thriller che mi aveva annoiata e delusa e che, in quel caso, avevo persino lasciato a metà. Si intitola Fuga dal Natale (edito in Italia nel 2010). Il racconto della crisi di una famiglia nei giorni che precedono i festeggiamenti del Natale in una semi sperduta provincia degli Stati Uniti.
Fuga di NataleIn quest’ultima fatica, purtroppo, Grisham ha voluto inserire anche una vicenda criminale, per cercare di dare un senso a una storia per altro noiosa (scusate ma non cerco un sinonimo, è proprio solo noiosa), al di là di ogni immaginazione. Ma così come non avvince la trama romanzesca così non prende la Crime Story, che ha anche una conclusione scontata, al limite del “rosa”… Insomma il classico The End buonista, banale e flaso, che soddisfa solo la perpetua di Don Peppino!
Tempo che periodicamente il buon Grisham ami prendersi delle vacanze intellettuali e, basandosi sui numeri che fatturano i suoi classici, si lanci nel tentativo di mostrare al mondo di essere uno scrittore con la “S” maiuscola. Tentativo, ogni volta, destinato miseramente a fallire… miseramente.
Forse un po’ più di modestia, alla Murakami per intenderci, non guasterebbe.




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