lunedì 20 giugno 2016 - marina bontempelli

“L’Amico Fritz”: scapolone e gentiluomo al Teatro la Fenice

Commedia Lirica del livornese Mascagni, su libretto di P. Suardon (pseudonimo di Nicola Daspuro), L’amico Fritz viene rappresentato in questi giorni a Venezia dopo un’assenza di oltre sessant’anni dalle scene lagunari.

Se alla prima del 31 ottobre 1891 al teatro Costanzi di Roma l’Amico Fritz riscosse un clamoroso successo, probabilmente anche grazie alla direzione di Rodolfo Ferrari e a una compagnia di canto di prim’ordine, la fortuna di quest’opera, nel tempo, fu piuttosto instabile e incostante. Nei tre atti ambientati in una piccola comunità ebraica dell’Alsazia, narra dell’amore nato tra il ricco benefattore nonché scapolo convinto Fritz e la timida, soave Suzel figlia di un suo fittavolo. Un soggetto deboluccio, dunque, e un libretto secondo Giuseppe Verdi “scemo come non ne aveva mai letti”, a consolare chi assiste rimane la musica di Pietro Mascagni, che lui stesso definisce “fresca e semplice…una musica per cuori buoni”, ma –aggiungiamo noi- dal linguaggio moderno, colto, con interessanti raffinatezze strumentali, ricco di cambi di tempo, di armonie sofisticate e uso sapiente delle dinamiche e delle agogiche.

Anche nella produzione del Teatro La Fenice la musica è stato l’elemento forte grazie alla bacchetta di Fabrizio Maria Carminati che offre un’interpretazione musicale fedele al testo con generosità di nuances interpretative, e agli interpreti dalla sicura vocalità che purtroppo sono stati guidati registicamente in un banale “entra ed esci” da Simona Marchini. Carlos Tieppo crea vivaci costumi folkloristici che danno un po’ di vita a questi statici personaggi. Massimo Checchetto, che generalmente firma scene di gran classe, riproduce un ambiente da cinema-teatro dell’oratorio. Nel ruolo del titolo Alessandro Scotto di Luzio, che interpreta con voce calda, omogenea ed energia appassionata Fritz. Carmela Remigio, Suzel, sfoggia lo splendore del suo suono con toccante espressività, ma anche questa volta, come in Norma vien da domandarsi perché accetti questi ruoli non proprio aderenti alla sua vocalità. Ottimi entrambi, beninteso, tuttavia non ben inseriti nella realtà verista dell’opera. Teresa Iervolino è Beppe, piace la sua interessante personalità artistica e la sicura vocalità di mezzosoprano.

Elia Fabbian, dalla vocalità nobile e decisa, ricopre il ruolo di David, il rabbino, dando una prova incisiva anche sul lato scenico. William Corrò ha ben figurato nel ruolo di Hazenò. Buone le prove di Anna Bordignon, Caterina, e di Alessio Zanetti, Federico. Roberto Baraldi suona l’assolo di violino che anticipa l’ingresso dello zingaro Beppe creando la magia di un cesello sonoro che affascina l’ascoltatore. Al buon esito della rappresentazione ha contribuito il coro del Teatro, preparato e diretto da Claudio Marino Moretti, che offre come sempre un esempio di professionalità. Risultato: gran volume di applausi con teatro praticamente esaurito.




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