lunedì 21 novembre 2016 - Marina Serafini

Il bastone della pioggia

Ieri ho aiutato un amico a fare pulizia in casa: abbiamo svuotato un armadio, imbustato e gettato via molto cose inutili, o logore. Abbiamo rimosso, insomma, la zavorra ingombrante.

Personalmente mi libero volentieri delle cose vecchie, quelle legate a memorie, emozioni o situazioni che non mi hanno dato piacere, che me lo hanno dato in maniera fittizia o che, semplicemente, non ha più senso tenere con me.
Credo sia perché non mi piace imprigionare le immagini: che si tratti di oggetti, di filmati o fotografie. Preferisco che scorrano dentro di me, per poterci tornare di tanto in tanto, e ritrovarle così come mi sento in quel momento. Lo trovo più utile, e forse anche più onesto.
 
Abbiamo spostato molti oggetti lasciando che ne emergessero altri, e tra questi è apparso anche un bastone della pioggia.
Si tratta di uno strumento musicale, realizzato attraverso il fusto secco di un cactus. All'interno sono conficcate le sue stesse spine, alcune pietruzze e piccoli frammenti di vetro. Il tutto viene alla fine sigillato da entrambi i lati.
 
A vederlo, è solo un bastone di legno, ma poi lo giri da una parte e dall'altra e inizia il suono, che puoi modulare gradualmente. Gli oggetti si scontrano lì dentro, e dall'urto leggero esce un canto che ricorda quello dell'acqua che scorre. Un suono che evoca il percorso del fiume tra le rocce, in ambienti naturali e isolati, ambienti reali ma lontani dalla quotidianità civile. 
 
Luoghi che ho incontrato e ai quali mi piace tornare.
 
Un bastone, una pianta essiccata con le sue spine: niente membrane tese, niente corde aggiunte... Nessuno che ci soffi attraverso. Solo un fusto con i suoi elementi: le sue spine e le sue piccole pietre.
 
Mi viene da pensare alla musica che emettono gli esseri umani: quell'odore, quella tensione, quella strana sensazione che proviamo nell'accostarci a qualcuno. Accade, a volte, di percepire un'armonia acquatica che sa di sole.
 
Noi, con le nostre spine conficcate dentro, e con i nostri piccoli sassi. Forse perché restiamo fermi, non trovando chi ci rovescia da una parte all'altra a far scorrere i nostri elementi; ce ne restiamo lì impalati, come fusti secchi e non ci accorgiamo, non crediamo di poter offrire suoni diversi: basterebbe rovesciare la parte che teniamo nascosta, e metterla in posizione diversa.
Il bastone della pioggia è uno strumento antico, utilizzato nei riti propiziatori, nella convinzione che quel suono così magico potesse evocare l'acqua, fonte di vita e garanzia di sopravvivenza. Veniva così messo in movimento, con ritmi variabili, in attesa paziente.
 
Come a dire: similia cum similibus curantur.
Abbiamo tanto da apprendere da coloro che ci hanno preceduti su questa terra. 



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