mercoledì 21 giugno 2017 - Giovanni Greto

Il Teatro No all’Olimpico di Vicenza

“Conversazioni 2017. Il teatro e le Arti” è il titolo del 70° ciclo di spettacoli classici che si svolgerà a Vicenza nei teatri Olimpico ed Astra e nei palazzi Leoni Montanari e Chiericati dal 14 settembre al 15 ottobre.
Quale eccezionale anteprima, il capolavoro postumo dell’architettura palladiana ospiterà il 23 giugno alle 20 e 30 uno spettacolo di teatro tradizionale giapponese, il teatro No, che avrà come protagonisti due capofila di antiche scuole: Hosho Kazufusa, il ventesimo “Soke”, ovvero il legittimo ed unico “erede” della scuola Hosho, originaria di Kyoto e risalente al XV° secolo; Kongo Tatsuori, ventisettesimo Soke della scuola Kongo, originaria di Nara e risalente alla metà del XV° secolo.

Nato tra la fine del XIV° e la metà del XV secolo, il teatro NO ha in sé tre elementi essenziali : la narrazione, la musica e la danza. I narratori o cantanti (utaikata) raccontano una storia con l’accompagnamento di musicisti (hayashikata), che suonano quattro strumenti : il tamburo (taiko), il grande tamburino (otsutsumi), il piccolo tamburino (kotsutsumi) e il flauto traverso (fue). Gli attori-danzatori rappresentano l’azione sulla scena. Sono tutti uomini e indossano una maschera priva di espressione, che riproduce dei volti giapponesi. L’attore principale (shite) incarna l’eroe o l’eroina della storia. Si vuole dunque far conoscere agli spettatori un racconto accompagnato dal canto (utai) e dalla danza (mai). Il No possiede un carattere religioso (la scena è un luogo sacro). Non mira a commuovere gli spettatori con un racconto, ma di comunicare il concetto del “bello” poetico. Da segnalare, infine, la bellezza e la qualità del materiale dei costumi.

La serata all’Olimpico sarà aperta dal dramma Okina (“buon vecchio”),una maschera che raffigura un buon uomo molto vecchio, che sembra rappresenti una divinità che dà la felicità agli uomini. E’ un’introduzione alle cinque storie, in cui si sviluppa solitamente uno spettacolo integrale, classificate per argomenti – storie di divinità; di guerrieri; di donne; di demoni ; di spiriti -.

Appartiene alla categoria di rappresentazioni rituali, in cui gli attori impersonificano delle divinità che danzano per la pace e la prosperità. Okina è interpretata da un singolo attore che entra sul palcoscenico a viso scoperto. Si coprirà il volto solo in seguito, dando vita a una cerimonia sacra, di cui il pubblico diviene testimone, avvolto da un’aura mistica.

Hagoromo, “mantello di piume”, appartiene alle “storie di donne”. Si basa su un’antica leggenda, la cui trama racconta di un pescatore, che trova, appeso ad un ramo di pino, un bellissimo mantello. Vorrebbe tenerselo, ma, disperata, sopraggiunge sulla scena la proprietaria, tennin (persona celestiale). Costei lo supplica di restituirglielo, perché se non lo indossa, non sarà più in grado di risalire in cielo. Il pescatore non vuole accontentarla. Allora la tennin gli dice che se rinuncerà al mantello, lei ballerà solo per lui. Il pescatore accetta, la tennin, si mette a danzare e ritorna felice in cielo.

Lo spettacolo è un’esclusiva europea per il teatro Olimpico di Vicenza e la Città del Vaticano, dove sarà replicato il 23 e il 24 giugno, in occasione del 75° anniversario dei rapporti diplomatici Vaticano-Giappone.

 

 




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