martedì 11 aprile 2017 - Kocis

Il Programma Lavoro del M5s: pensieri in libertà

Dunque, dopo un “tambureggiare” complessivamente generico in atto ormai da parecchi anni sulle imponenti questioni che riguardano il mondo del lavoro in Italia, i 5* alfine, nell’ambito del progetto di costruzione del programma elettorale (prossime elezioni nazionali) mettono all’attenzione degli iscritti (e degli italiani tutti) la loro bozza di tematiche – “Programma Lavoro -, che dopo le indicazioni e il voto degli iscritti dovrebbero diventare risoluzioni.

La bozza si riferisce esclusivamente al contesto dei lavoratori dipendenti.

Una mezza paginetta, molto snella, per un totale di diciannove righe... E dire che la gravosa problematica riguarda 22.811.000 cittadini, uomini e donne.

In premessa, dopo avere enunciato solo il titolo di alcune questioni particolarmente rilevanti in questa fase storica: “robotizzazione, digitalizzazione, economia dei beni materiali”, in maniera interrogativa si inserisce il “lavorare meno per lavorare tutti?”. Non viene esposta, però, dato che la questione a livello nazionale ed europeo è in auge da oltre trent’anni, nessuna indicazione sul parametro fondamentale. Cioè, se la riduzione dovrà essere effettuata a parità di salario/stipendio. Chissà perché!

Poi, si lancia il titolo dello “smart working”. A parte l’inglesismo spinto dell’ “acronimo” utilizzato, su una questione molto complessa non si aggiunge nessun tipo di approfondimento. Si lascia agli iscritti l’interpretazione operativa del “lavoro agile” – flessibile. Una dinamica lavorativa “innovativa”, già in uso nel nostro Paese per quantità non rilevanti, che stabilisce - nell’ambito del orario di lavoro - lo svolgimento dell’attività in duplice maniera, dentro le mura del sito lavorativo e all’esterno –i contratti di lavoro in vigore sanciscono le norme operative - La materia presenta parecchie complesse differenziate sfaccettature.

Infine, dopo tanta genericità, esce fuori il concetto base, chiaro e tondo. Infatti nel testo si recita che “La presenza e l’incidenza del lavoratore nella governance della propria impresa, per il movimento 5 stelle, va disintermediata".

E’ quest’ultimo un termine di raro uso nella quotidianità di linguaggio e di pensiero per la stragrande maggioranza degli italiani. A dirlo in lingua italiana “leggera” significa che “l’insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un'istituzione, di un fenomeno collettivo non hanno bisogno di Intermediatori (soggetti social)... in questo caso il soggetto è l’azienda/ luogo di lavoro.

Disintermediata da chi e che cosa? Ma, perbacco, viene ripreso un tema sul quale sono molto “affezionati”, cioè le organizzazioni sindacali. Infatti nella bozza si afferma che questa linea progettuale è indirizzata a “tagliare al tempo stesso i vecchi privilegi e le incrostazioni di potere del sindacato tradizionale”.

Una considerazione sorge spontanea: Chi sono le “organizzazioni sindacali tradizionali”? Non viene fornito nessun ragguaglio di merito. Orbene, a rigore di logica, possono essere le organizzazioni confederali formatosi (rinate) dopo la riconquista delle libertà individuali e sociali a seguito della sconfitta del fascismo con il grande contributo dei “Padri della democrazia”, i partigiani e i resistenti tutti - prima solo Cgil, poi Cisl e Uil -, oppure nel pensiero chiarificatore non espresso si intendono tutte le organizzazioni sindacali operanti in Italia, vecchie e nuove?

Il dilemma non è di poco conto! Le organizzazioni sindacali, tradizionali o meno, esistono sul presupposto indispensabile che i lavoratori ( tutti, in parte), scelgono volontariamente di auto organizzarsi in sindacato, in difesa dei loro diritti, della qualità delle condizioni di lavoro, per un’equa retribuzione (lo insegna la storia del movimento dei lavoratori degli ultimi 150 anni...) evidentemente disconosciuta.

Poi, si aggiunge che necessita “promuovere forme nuove di democrazia e partecipazione sui luoghi di produzione”. Bello?!?!, senza però dare alcuna indicazione.

Ma, “estromesse” (disintermediate) le organizzazioni sindacali ( come?), vengono assolutamente meno le strutture portanti che storicamente regolano i rapporti di lavoro dipendenti: i Contratti di lavoro.

Si vuole forse ritornare, come strutturalmente in essere fino alla seconda parte dell’800, ai contratti individuali? Oppure, a che cosa?

Nulla è da sapere come approfondimento! Stante questi nuovi Lor Signori le 19 righe sono ottimali.

Infine, in aggiunta, vengono sinteticamente riprese altre questioni principali che caratterizzano l’attuale mondo del lavoro: “pensioni, tutela per le protezioni gravose, precoci, flessibilità in uscita, migrazioni dei ragazzi all’estero, modifica dei parametri d’uscita dal lavoro, competitività, efficienza”.

Su questioni particolarmente complesse c’è solo il titolo, nessun accenno a progetti dedicati.

Da parte mia (impegnato sindacalmente per diversi decenni come componente dei CdF (Consigli di Fabbrica) e nelle RSU ( Rappresentanza sindacali unitarie, elette dai lavoratori) dopo avere letto la bozza rimane il vuoto e un assoluto sgomento.



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