mercoledì 13 gennaio 2016 - Gianleonardo Latini

Il Manierismo in Caserma: le opere salvate dal Regio Istituto di Belle Arti di Roma

Del tratto di Mura tra il Tevere e porta Flaminia sono riconoscibili le torri merlate inglobate nella Caserma dei Carabinieri, prima pontificia e poi reale, dedicata alla memoria del tenente dell’Arma Giacomo Acqua.

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La Caserma, simile per l’aspetto e per le dimensioni alla facciata di Santa Maria del Popolo, ha dal 2005 in deposito una serie di opere prestate dalla vicina Accademia di Belle Arti.

Tra le opere una serie di affreschi manieristici provenienti dalla Torre di Paolo III Farnese (1535 – 1539) che sorgeva adiacente al convento francescano di Santa Maria in Aracoeli, e sacrificata per l’edificazione del Vittoriano.

La torre, inglobata nell’edificio, collegava, attraverso un camminamento, al sottostante Palazzo Venezia, duplicando il sistema difensivo tra i Palazzi Vaticani e Castel Sant’Angelo.

Nel 1585 il francescano Papa Sisto V donò la torre ai suoi confratelli dell’Aracoeli che la adibirono a foresteria, con il conseguente degrado degli affreschi.

Le vicissitudini della torre continuarono all’indomani di Roma Capitale per essere usata in caserma dei vigili. Una decina di anni dopo, con il bando di concorso per la costruzione del monumento in onore a Vittorio Emanuele II, ne decretò la demolizione.

Una demolizione che coinvolse altri edifici del Campidoglio meritando un’interrogazione parlamentare ed obbligando l’allora presidente del consiglio Depretis a una risposta circostanziale, che ha portato ad auspicare lo stacco degli affreschi come soluzione per salvaguardare anche le “pochissime pitture di qualche pregio”.

Gli affreschi erano stati già staccati e collocati all’ingresso della Casa Generalizia del convento dei Minori Osservanti d’Aracoeli. Successivamente i frati del convento li misero a disposizione del Regio Commissariato per la liquidazione dell’Asse ecclesiastico di Roma per destinarli ad un pubblico museo. Se la richiesta era insolita, non era insolito devolvere le opere ritenute di un certo interesse e provenienti dagli enti soppressi, alle istituzioni pubbliche, mentre le altre, reputate di trascurabile valore, erano destinate all’alienazione.

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I putti e le figure danzanti, attribuite a Perin del Vaga e alla sua bottega. senza dimenticare la presenza di unicorni con dame, che decoravano la “torre” potevano andare dispersi in quanto ritenuti di poco interesse per un museo se Filippo Prosperi, direttore del Regio Istituto di Belle Arti di Roma, non li avesse ritenuti “utili per la scuola di decorazione e d’ornato di questo Regio Istituto”.

Sono due i tipi di affreschi staccati dai locali della torre: quelli policromi e quelli monocromi. In quelli policromi è un concerto di sfumature di verdi e rossi a danzare su di un superbo sfondo blu, mentre in quelli monocromi è l’essenza del disegno come racconto.

Dopo decenni di oblio gli affreschi, divisi in dieci pannelli e restaurati, vennero esposti, in occasione della Settimana della Cultura nel maggio 2005, presso la Caserma dei Carabinieri e dove tutt’oggi - previa richiesta - si possono ammirare insieme alle altre opere di proprietà dell’Accademia.




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