martedì 13 dicembre 2016 - Camillo Pignata

Il Governo del Marchese del Grillo

Bruxelles ha ottenuto tutto; Renzi, senza colpo ferire, ha ottenuto tutto, senza un minimo accenno agli errori del suo esecutivo e a quelli connessi al referendum.

Il voto 19 milioni di persone in rivolta contro l’establishment non ha contato niente nella formazione di questo governo.

Diciannove milioni di persone, offese, ed umiliate, ieri da Juncker, oggi da Renzi, lasciate sole, dalla maggioranza e dalla minoranza del PD, che fanno a gara a chi è più attaccato alle poltrone.

Una escalation di arroganza prepotenza di Renzi e company, di titubanze, insicurezze, rinvii dei suoi oppositori, hanno scandito i tempi e i modi della formazione del governo.

La minoranza PD si è arresa, i comitati del “no”hanno taciuto e tralasciato, per colpa o per dolo, un dato di fatto ineludibile, che è questo: Renzi ha ricevuto da Napolitano l'incarico di presidente del consiglio per riformare la costituzione.
Ha presentato al parlamento nel suo programma di governo la riforma della costituzione, e per questo ha ricevuto la fiducia del parlamento. Ha fallito questa missione.
Nessuna riflessione, nessun ragionamento sulle ragioni di questa sconfitta, nessuna autocritica. Non c’erano, e non ci sono ragioni di un nuovo protagonismo dell’ex premier.

Doveva essere la maggioranza PD a fare un passo indietro, dovevano essere del “no”, e in prima fila la minoranza di sinistra del partito di maggioranza, a farsi sentire, a chiedere un passo indietro al gruppo renziano.

Ci doveva essere cambiamento di linea, con tutte le conseguenze anche sulla composizione dell’esescutivo.

E invece è ancora una volta Renzi ha dettato l'agenda.

Non c’è stato l'ingresso dell'ala verdiniana nel governo, ma la sua ufficializzazione come gruppo della maggioranza. Mentre Bersani neppure è stato informato sulla composizione del governo. E al popolo del "no” che cercava di capire se Renzi e i suoi amici avessero fatto un passo indietro, ha risposto Gentiloni con "un governo di Renzi senza Renzi”, con la Boschi, Lotti e De Vincenti in pole position.

Doveva essere bocciata la madre della riforma costituzionale ed invece è stata promossa a sottosegretario alla presidenza del consiglio, con il compito ufficioso di controllore di Gentiloni, affiancata da Luca Lotti che ottiene un ministero di facciata, ma soprattutto mantiene le deleghe pesanti per le opere pubbliche e per l’editoria. Per la serie fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

Mentre Alfano, senza competenze in politica esteri, ottiene la Farnesina, in una fase difficile e delicata contrassegnata da mutamenti epocali dello scenario internazionale.

Tutti promossi, solo la ministra Giannini, paga gli errori del passato.

E’ il governo del marchese del grillo, che si è trasferito a Bruxelles, nelle stanze della Commissione, poi in quelle del PD, di via del Nazzareno, da dove ha ripetuto a 19 milioni di persone che hanno votato"no": “perché io so io e voi non contate un cazzo".




Lasciare un commento