lunedì 16 novembre 2015 - Giovanni Graziano Manca

I Muse tra rock, elettronica e i classici del romanticismo

Ventitre anni di attività discografica, la pluripremiata Band alternative inglese dei Muse è costituita da Matthew Bellamy, voce, chitarra e piano; Chris Wolstenholme, basso, voce, armonica; Dominic Howard, batteria, percussioni, voce, e, quale elemento esterno che collabora costantemente con il trio, il polistrumentista Morgan Nicholls alle tastiere, sintetizzatore, sequencer, percussioni, chitarra, basso, voce.

Ridotta ai minimi termini (si fa per dire) l’essenza della musica di questo interessante e originale gruppo è tutta in queste poche righe pubblicate su Rolling Stone, la celeberrima rivista Newyorkese bibbia del rock pop internazionale: ‘Muse spent the past few years pushing the sonic boundaries of rock & roll, creating increasingly bombastic music that utilized symphonies, choirs, synthesizers and, in the case of 2012's The 2nd Law, Skrillex-inspired dubstep sounds'

Capaci di riempire stadi con decine di migliaia di persone, nel 2015 ai primi posti nelle classifiche dei dischi più venduti con il loro ultimo album Drones, i Muse rappresentano un concentrato di tendenze musicali diverse e le loro canzoni spaziano dal pop al rock al filone più romantico della musica classica, dal progressive rock di antica memoria all’heavy metal, tutto in una miscela unica di indubbio fascino.

L’elettronica e la tecnologia esercitano una parte di primo piano nei concerti e nelle sonorità che possono essere ascoltate nei lavori discografici. L’amore dei Muse per il suono sintetico e l’innovazione tecnologica sono evidentissimi, per esempio, nei relativamente recenti lavori della band Absolution (2003), Black holes and Revelation (2006) e The resistence (2009). A dispetto della loro grande passione per l’innovazione elettronica, tuttavia, in occasione dell’uscita del loro ultimo disco Drones, i tre inglesi hanno dichiarato che ‘Secondo noi i droni (velivoli il cui volo è controllato da un navigatore o pilota che sta a terra o su un altro velivolo, ndr) rappresentano la tecnologia che va oltre il limite, cosa di cui abbiamo avuto il timore per decenni e adesso il timore è diventato realtà. Se a questo aggiungiamo l'intelligenza artificiale, in futuro questo potrebbe diventare un mix molto pericoloso.’

I Muse giungono all’apoteosi, artisticamente parlando, con un disco registrato proprio nel nostro Paese (in uno studio di registrazione che si trova nei pressi del lago di Como, per la precisione). The resistence è un disco interessantissimo in grado di suscitare ondate di calda emozione sia per l’impiego massiccio che i Muse fanno della melodia, sia per quel loro corposo (e riconoscibilissimo, ormai) sound dominato dalle tastiere, da una possente sezione ritmica e dalle distorsioni di una onnipresente chitarra elettrica. Tra le influenze dei Muse ben presenti anche all’interno delle undici tracce di The resistence, non solo l’elettronica e il Prog rock degli anni d’oro o l’Heavy metal più pregiato, ma anche U2, Bowie, Queen, Moby e il romanticismo ottocentesco di Franz Liszt e Richard Wagner nonchè quello un po’ più recente dell’ultimo, forse, dei romantici, Sergej Rachmaninov. A fare di The resistence un ottimo disco anche gli arrangiamenti spaziali, la grande perizia dei Muse come strumentisti e l’eccellente qualità delle registrazioni in studio. Due parole di chiusura sulla dimensione live del gruppo, decisamente coinvolgente. Essa è ben documentata nel film di Matt Askem Muse - Il concerto allo Stadio Olimpico di Roma, testimonianza multimediale del 2013 che è anche pienamente rappresentativa della musica più recente dei Muse.

 

 

 




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