martedì 6 dicembre 2016 - Marina Serafini

Gui

Avvio il mio nuovo PC e in un attimo appare lo schermo acceso, con tutte le icone che conosco. É un computer molto veloce e molto potente, che mi sono procurata con la consulenza di un amico davvero competente. 

Uno che di computer, di programmi e di computazione ne capisce parecchio. Un esperto. E così, con tanta, tantissima pazienza, questo amico professionale mi illustra i passaggi che compie nel settare il nuovo PC.


Digitando istruzioni sulla tastiera fa accadere delle cose... Alla fine mi trovo davanti agli occhi svariate icone, delle immagini, insomma.

"Cara mia, ricordati che dietro ogni immagine esiste un algoritmo, ossia una serie di istruzioni elementari, chiare e definite, che dicono in modo univoco al ricevente come deve comportarsi." Faccio una ricerca su Google, e leggo che un algoritmo, per essere tale, è definito da alcune caratteristiche imprescindibili, quali:

- la elementarità dei passi costituenti (ogni passaggio è basilare, atomico, va fatto uno per volta); - la loro univocità di interpretazione da parte dell'esecutore (deve esser chiaro e non fraintendibile quello che viene richiesto di fare); 

- deve esser definito da un numero limitato di passaggi (seguo un percorso di azioni definite) e da una quantità finita di dati in entrata (devo avere tutti gli ingredienti necessari per ottenere il risultato richiesto);

- l'esecuzione deve portare ad un risultato effettivo ed univoco (da quelle istruzioni non può non derivare quel fenomeno).
 
Quindi, se applico istruzioni chiare e chiaramente espresse, devo ottenere i risultati voluti.
 
Ora, la codifica (una rappresentazione) di una serie di algoritmi (istruzioni) secondo un certo linguaggio produce un programma, ossia un insieme di comandi approntati nel modo che siano leggibili per quel destinatario che è chiamato a realizzare - tramite la loro applicazione - uno scopo.
 
Negli anni 70, alcuni ingegneri semplificarono l'accesso ai "comandi "suddetti attraverso la realizzazione del GUI (Graphical User Interface), un'interfaccia grafica che consente all'utente di interagire con i programmi manipolando graficamente degli oggetti, cioè utilizzando delle icone, delle immagini.
 
Perché delle immagini?
 
Effettivamente oggi, smanettando tra le immagini, siamo talmente abituati a utilizzare i nostri devices (che sia il personal computer, il tablet o lo smartphone), che nemmeno ci pensiamo. Ma se dovessimo eseguire le stesse funzioni utilizzando le righe di comando, troveremmo tutto molto più dispendioso in termini di tempo e di fatica...
 
Le immagini costituiscono un linguaggio naturale, universale, immediato, veloce. Per esempio, se clicco col mouse sull'immagine della casetta so che sto tornando alla home page. L'algoritmo sottostante è stato già tradotto e semplificato, regalandomi il vantaggio della velocità.
 
 Noi viviamo in un mondo fatto di immagini. Ogni volta che pensiamo a qualcosa ce lo rappresentiamo... E questo è il motivo per cui certi termini astratti ci rimangono ostici da comprendere... Non sappiamo come rappresentarceli!
 
Ho un ricordo di me, molto molto piccola, seduta sul sedile posteriore dell'auto dei miei genitori. Mi portavano all'asilo, e mentre ascoltavo ciò che dicevano gli adulti io interrompevo spesso chiedendo cosa significasse questa o quella parola... 
 Non era per rompere le scatole, ma solo perché non riuscivo a collegare nulla a quelle espressioni, e questo interrompeva il flusso delle informazioni che volevano farmi arrivare coi loro discorsi. Io ascoltavo ma non capivo.
 
Dopo qualche annetto ho frequentato la facoltà di filosofia all'università.....E pure lì ce ne erano di termini oscuri... Tanto che ancora oggi mi infastidisco quando sento utilizzare paroloni astratti per indicare contenuti altrimenti esprimibili. 
 
L'irritazione nasce dalla perdita di tempo che viene imposta all'ascoltatore che deve sforzarsi di decodificare un contenuto che potrebbe non richiedere la fastidiosa operazione... Probabilmente sono ancora irritata per la perdita di tempo che personamente subito in situazioni analoghe durante gli studi.
 
Soprattutto perché, a dirla tutta, lo scopo di un tale comportamento espressivo, più che di passare informazioni sui contenuti, è troppo spesso quello di esibire un teatrale atteggiamento prosaico... Ora, questa corrispondenza tra programmi e immagini non è proprio limitata a ciò che troviamo nel nostro PC.... Perché è quanto accade anche dentro di noi!
 
Ascoltare certi suoni, annusare certi odori, provare dei sapori evoca in noi immagini, situazioni, emozioni che ci agiscono, che ci muovono verso determinate reazioni. Viceversa, la visualizzazioni di alcune immagini - naturali o artefatte che siano - determina la presa in carico dei rispettivi algoritmi sottostanti che, a loro volta, ci muovono e orientano.
Certi film ci fanno piangere, ci fomentano, alcuni quadri ci opprimono, il modo in cui si veste il nostro collaboratore stimola in noi repulsione o allegria....
 
... I sogni che facciamo durante il sonno (e durante la veglia), dei quali siamo spontanei registi, sono la nostra interfaccia grafica: quelle icone dinamiche che cambiano, che si ripetono e che si susseguono rappresentano l'attualità della nostra situazione, codificandola. 
 
 Dietro quelle immagini ci sono istruzioni, descrizioni di fatti. Se sappiamo leggere quelle immagini sappiamo anche vedere cosa stiamo facendo e dove ci porterà il programma attivo in quel momento. Non è certo poco!
 
Ok, e poi?
 
Come scelgo di avviare un programma o di abbandonarlo, quando lavoro al mio PC? 
 
 Dipende da cosa posso farci.
 
 Mi è utile? Risponde alle mie esigenze? 
 
 Se voglio vedere un film dovrò avviare un programma di lettura specifico; se voglio comporre un testo avvierò un programma di scrittura.... Se voglio ... 
 
 Ma cosa è che voglio davvero? A livello più profondo, personale, a livello esistenziale. Se non lo so devo scoprirlo e, una volta individuato, devo cogliere cosa impedisce di raggiungerlo, e come fare. 
 
 Abbiamo le nostre immagini. Le produciamo noi e ce le raccontiamo continuamente. Di notte e di giorno.
 
Dobbiamo imparare a decodificarle. 
Dobbiamo andare a scuola.
 Dobbiamo fare esperienza.



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