mercoledì 22 febbraio 2017 - Riccardo Noury - Amnesty International

Filippine: dopo nove mesi la chiesa protesta contro le politiche di Duterte

Finalmente, sabato scorso, decine di migliaia di persone di fede cattolica sono scese in piazza a Manila per una “camminata per la vita”. Ufficialmente non per protestare contro il presidente Rodrigo Duterte ma per esprimere opposizione ai “problemi della società che minacciano la santità della vita umana”.

Eufemismi con cui vengono descritte la sanguinosa “guerra alla droga” lanciata da Duterte all’inizio del suo mandato e le continue invocazioni del ritorno della pena di morte.

Del resto, la Conferenza episcopale delle Filippine ha condannato per la prima volta la “guerra alla droga” solo il 4 febbraio.

In un paese in cui il 90 per cento della popolazione si professa cattolico, neanche le dichiarazioni di Duterte secondo cui la chiesa locale è un’istituzione “piena di merda”, di corrotti e pedofili, hanno fatto particolare scandalo.

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Le promesse fatte in campagna elettorale di ripulire le strade dalla droga hanno conquistato larga parte della popolazione: a distanza di nove mesi dall’inizio del suo mandato, l’86 per cento dei filippini lo appoggia.

A gennaio, un rapporto di Amnesty International ha denunciato gli effetti della velenosa retorica anti-droga del presidente Duterte: agenti di polizia (uno dei quali si è recentemente pentito), sicari sul libro paga e altre persone non identificate uccidono oltre 1000 persone al mese.

Dalla salita al potere di Duterte, gli omicidi per presunti motivi di droga sono stati almeno 70002500 dei quali direttamente ad opera della polizia.




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