lunedì 22 maggio 2017 - Aldo Funicelli

Falcone e la memoria tradita | Paese di esperti di cose di mafia

Italia paese di navigatori, santi, allenatori e ora anche di esperti di cose di mafia.
L'anniversario dell'attentato al giudice Falcone ha risvegliato nella Rai l'interesse (sopito nel resto dell'anno) per la guerra alla mafia e nel ricordare quanti in questa guerra hanno perso la vita.


All'improvviso nelle trasmissioni si parla di maxi processo, di pool antimafia, di Ufficio Istruzione (nel vecchio ordinamento giudiziario la magistratura inquirente era divisa in giudici istruttori e procuratori della Repubblica). All'improvviso irrompono in tv le immagini di Falcone e Borsellino anzi, "falconeeborsellino" scritto tutto attaccato, così si risparmia.
Se fosse ancora vivo, Falcone, direbbe con quel suo sorriso sornione che non si può combattere la mafia a corrente alternata. Specie se si vuole veramente sconfiggere cosa nostra.

E non ridurre l'antimafia solo ad una questione di celebrazioni sterili, discorsi pieni di retorica ed eroi. Perché Falcone (e Borsellino e Chinnici e Cassarà e Costa ...) non volevano fare gli eroi: semplicemente intendevano applicare la legge, uguale per tutti, anche nei confronti dei boss, dei bancheri che li aiutavano a far girare i soldi, dei politici come Ciancimino o Lima che prendevano voti in cambio di protezione ..

Falcone, per esempio, avrebbe voluto diventare capo dell'ufficio istruzione per continuare il lavoro di Caponnetto, approfondire le indagini sui delitti politici (Mattarella, Dalla Chiesa, Reina), aprire il capitolo dei rapporti tra mafia e massoneria (e Gladio, poi). Ma il CSM gli preferì il più anziano Meli: più anziano ma meno esperto.

Nel libro l'Assedio, Bianconi racconta della reazione di Falcone a questa notizia: di fronte alla consigliera Contri disse: "Ma lo avete capito che mi avete consegnato alla mafia? Che ora la mafia può colpirmi perché anche i miei [i magistrati] non mi vogliono".

Ieri sera ho seguito il confronto del vice presidente Legnini con Minoli su La7: ecco, sarebbe interessante rileggere i fatti di oggi, le polemiche sulle inchieste che toccano esponenti politici, gli attacchi ai magistrati, il tifo da stadio che si scatena pro o contro un'inchiesta alla luce di quanto è già successo. Perché anche oggi ci sono troppi magistrati lasciati soli, senza tutele da quel CSM che Legnini presiede come vice. Da Di Matteo a Woodcock.

Anche oggi ci si schiera, pro o contro, si usa un'inchiesta (e un magistrato) per battaglie politiche pro o contro un partito. Boccassini (il magistrato milanese) indaga su Silvio e le sue cene? Brava Ilda. Pignatone apre il fascicolo su Mafia capitale? Bene, avanti così.
Woodcock apre un fascicolo sull'inchiesta Consip? Attacco alla democrazia.

E lo stesso vale ad ogni prescrizione, ad ogni assoluzione nei processi ad un esponente politico. E ora chi paga? Come se gli unici processi buoni sono quelli che si concludono in condanne. Come se non esistessero già strumenti per rivalersi in caso di errori giudiziari.
Perché ancora oggi non si riesce a tenere separati gli aspetti penali, che seguono i magistrati, da quelli di opportunità politica.

E gli espempi da questo punto di vista non mancano, dal caso Guidi alla storia dei rolex per arrivare alle amicizie pericolose di certi partiti al sud.



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