lunedì 2 febbraio 2015 - Angelo Libranti

Elezione Mattarella: la strategia fallace di Silvio

Aveva ragione il non dimenticato ministro Rino Formica quando dichiarò: “La politica è sangue e merda”. C'è da aggiungere “...e anche fattezze da culo”, in quanto i glutei introducono alla fessura che porta all'orifizio anale e, notoriamente, restano inespressivi in ogni stagione e di fronte a qualsiasi tipo di situazione.

Il politico tipo, specie se occupa cariche importanti assume, ipso facto, tali sembianze e tutto ciò che dichiara ha valore solo per quel momento e fino a quanto non accadono imprevisti o situazioni diverse idonee a modificarne le convenienze. In tal caso si cambia repentinamente parere e tutto il resto non conta.

E' ciò che fece Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi dopo aver dichiarato, a vanvera, prima la disciplina di partito a Bersani, poi il sostegno a Enrico Letta col famoso “Enrico stai sereno”, infine rompendo clamorosamente il “patto del Nazaremo” con l'incauto Berlusconi.

Renzi, figlio legittimo di Machiavelli, assume spesso atteggiamenti autoritari e comportamenti sicuri, specie quando fa dichiarazioni ufficiali, trasferendo all'uditorio sentimenti amichevoli e condivisibili, tanto da essere considerato credibile e come l'uomo nuovo della politica italiana.

Non a caso ha fatto una carriera folgorante passando da Sindaco di Firenze a Capo del Governo in meno di due anni e senza passare per regolari elezioni.

Questa volta, però, l'ha fatta grossa frantumando un accordo, ritenuto ferreo, del quale si parlava, si scriveva e si commentava con passione, ritenendolo alla fin fine positivo per il bene dell'Italia e considerando senza peccato l'unione del diavolo con l'acqua santa.

Sono storie recenti le riforme costituzionali e la legge elettorale, contestate violentemente dalla sinistra e approvate con i voti determinanti del centro-destra.

Logica politica vuole che ci sia una contropartita adeguata e l'elezione del Capo dello Stato giungeva a proposito per avere, finalmente, un Presidente della Repubblica svincolato dai lacci del centro-sinistra.

E' andata diversamente, anzi peggio, perché di fatto si è tornati alla “balena bianca” di democristiana memoria, mandando alla malora tutti i propositi di rottamazione del disinvolto Renzi.

Il nuovo Presidente della Repubblica, infatti, è la quintessenza della così detta prima repubblica, riunendo in se tutti i pregi e tutti i difetti della vecchia Democrazia Cristiana, poi assorbita attraverso vari passaggi, nel 2007, dal Partito Democratico.

In margine a questa storia di giravolte e cambi di percorso spicca, la figura di Angelino Alfano, improvvisamente vicino a Berlusconi quando sembrava possibile un Presidente di centrodestra, passato in uno schiocco di dita a sostenitore del candidato proposto da Renzi. L'abbiamo visto esultare al raggiungimento del quorum, così come la figura di Rosy Bindi, strafatta dalla gioia per la sorprendente vittoria della “vecchia guardia”.

Concludiamo col dire che Matteo Renzi ha seguito alla lettera le virtù del Principe e dopo aver giocato una singolare partita con la quale ha perso consensi e rischiava di perdere il Partito, ha riconquistato, almeno, il Partito fottendosene degli accordi presi e del parere della maggioranza degli italiani.




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