venerdì 17 marzo 2017 - marina bontempelli

Due artisti veneziani per l’Alceste del Teatro Claudio Abbado di Ferrara

Il regista Marco Bellussi e il baritono Gian Luca Tumino in primo piano nell’allestimento del dramma di Gluck portato in scena per la prima volta nel teatro estense nel 250° anniversario dal debutto viennese.

 

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Alceste, il Gran Sacerdote - fot Marco Caselli Nirmal/Teatro Comunale di Ferrara

 Il Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara ha voluto proseguire il ciclo dedicato all'opera barocca del XVIII secolo portando in scena "Alceste" di Christoph Willibald Gluck. Oggetto dell'allestimento di Ferrara, nell'unica recita andata in scena domenica 5 marzo è stata la prima delle due versioni dell'opera, quella con libretto italiano di Ranieri de' Calzabigi, rappresentata al Burgtheater il 26 dicembre 1767.

In un elegante allestimento Marco Bellussi, brillante regista veneziano e vero specialista del settore, è riuscito a svelare l'intenso dramma musicale gluckiano attraverso una recitazione misurata e interiore che ha saputo donarci una silenziosa, dolente commozione.

Bellussi si avvale dell'uso di simboli per allestire la scena: la sfera, vale a dire la perfezione, la piramide, l'elevazione dello spirito, e gli essenziali profili delle colonne proiettate sul fondale sono lì a richiamare le geometrie dei temi che ricorrono in partitura.

Incantevoli i tableaux di finissimo gusto e la delicata gestualità degli artisti. Gli inaspettati ingressi dalla platea e gli interventi dai palchi pensati da Bellussi si sono rivelati un attraente diversivo spettacolare, ottima alternativa alle macchine sceniche dell'epoca che in tempi di spending review sono fuori budget per molti teatri.

Alceste, Teatro Comunale di Ferrara

I costumi, le scene e le coreografie hanno voluto evocare la Grecia antica, ideale artistico e morale contemplato e desiderato da Gluck. A questo scopo Carlos Tieppo ha realizzato i meravigliosi pepli regali dal facile indosso che i cantanti hanno infilato in scena, sulla musica, come in una danza.

Anche la breve coreografia e i movimenti dei mimi (Agnese Perri, Enrico Caro) curati da Elisabetta Galli, direttrice di DansAtelier, e il ben concepito disegno di luci di Matteo Paoletti hanno marciato nella direzione degli autori.

La compagnia di canto ha visto impegnato un cast di voci specializzate in questo repertorio. Nel ruolo eponimo Asude Karayavuz, dalla convincente vocalità, delinea il proprio personaggio con un fraseggio di grande forza espressiva, sempre in perfetta quadraura musicale. Admeto è il tenore Leonardo Cortellazzi che ha dato un'efficace prova di tecnica settecentesca: chiarezza di pronuncia, dominio del fiato, finezza stilistica e verità d'accento. Il giovane veneziano Gian Luca Tumino, dalla voce di baritono lirico brillante, sfodera la sua versatilità nel doppio ruolo di Gran Sacerdote e Apollo. Tumino si è rivelato adatto per ruoli belcantistici e si conferma pronto per parti mozartiane quali Guglielmo e Leporello. Si disimpegnano onorevolmente anche Ismene, Veronica Filippi ed Evandro, Mark Sala. Precisi gli interventi di Marco Simonelli, banditore e nume infernale.

Buona la prova del coro, Accademia dello Spirito Santo, istruito dal m° Francesco Pinamonti.

Ci si accorge comunque che il cuore di quest'opera è la muisca: il Dolce Concento Ensemble diretto dal giovane, talentuoso maestro Nicola Valentini, brillante allievo di Ottavio Dantone, ci offre la magia di un cesello sonoro che rispetta sempre le esigenze interpretative della partitura e ci fa capire quanto Gluck fosse un grande drammaturgo.

Sempre graditi, ma imprecisi nella punteggiatura e nella sincronia, i sopratitoli.

Ottimo successo e molti applausi senza riserve per tutti.

Marina Bontempelli




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