giovedì 18 maggio 2017 - Riccardo Noury - Amnesty International

Diritti Umani | In sciopero della fame da 40 giorni, l’Iran le nega il ricovero

Diritti umani | Amnesty International ha sollecitato le autorità iraniane a trasferire immediatamente in un ospedale esterno al carcere Atena Daemi, una difensora dei diritti umani in sciopero della fame da 40 giorni.

Daemi, in prigione dal novembre 2016, sta scontando una condanna a sette anni di carcere, la metà dei 14 anni ricevuti in primo grado quando, al termine di un processo iniquo, era stata giudicata colpevole di inesistenti reati contro la sicurezza nazionale.

Queste le “prove” portate al processo dalla pubblica accusa: post sulla pena di morte e su altre violazioni dei diritti umani in Iran, partecipazione a manifestazioni di solidarietà con i detenuti in attesa di esecuzionedistribuzione di volantini contro la pena di morte e legami con difensori dei diritti umani e familiari dei manifestanti uccisi nella repressione post-elettorale del 2009.

Le condizioni di salute di Daemi sono gravi: ha perso molto peso, vomita, tossisce sangue, ha sbalzi di pressione e dolore ai reni. Persino i medici del carcere di Evin, nella capitale Teheran, ne hanno raccomandato l’immediato ricovero.

Daemi ha iniziato lo sciopero della fame l’8 aprile per protestare contro le condanne, seppur sospese, inflitte alle sue sorelle Hanieh ed Ensieh per “oltraggio a pubblico ufficiale”. Amnesty International ritiene che siano state condannate solo perché sorelle di Daemi.

L’8 maggio, dopo che il giorno prima era svenuta, Daemi è stata portata in ospedale per fare delle analisi prenotate dalla sua famiglia ma è stata riportata in carcere ancora prima di ricevere i risultati. Alla seconda visita, il 15 maggio, un medico ha chiesto che venisse ricoverata ma il giorno stesso è rientrata in cella. In seguito, quando ha iniziato a tossire sangue, è stata trasferita nel reparto ospedaliero del carcere.

Non solo le autorità iraniane stanno punendo Daemi col carcere per il suo attivismo in favore dei diritti umani, ma stanno anche volutamente mettendo a rischio la sua vita. Negare cure mediche specialistiche a una persona che è in condizioni di salute critiche equivale a infliggerle tortura.

 
 



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