giovedì 24 dicembre 2015 - marina bontempelli

Dal maestro Jeffrey Tate una profonda lettura dell’Idomeneo di Mozart

Inaugurazione della Stagione Lirica al Teatro La Fenice in un clima di commozione e di “emergenza” con uomini delle forze dell’ordine pronti ad intervenire dopo l’attentato di Parigi nel quale ha perso la vita la concittadina Valeria Solesin.

La Fenice inaugura il nuovo ciclo operistico con il primo dei maggiori capolavori Mozartiani, Idomeneo, che vide la sua prima italiana proprio nel teatro veneziano nel 1947. Idomeneo, considerata dai britannici la più rilevante opera seria di Mozart, costituisce lo spartiacque tra i canoni metastasiani e quello che sarà lo sviluppo successivo del teatro musicale (introspezione psicologica e scavo dei personaggi) e si configura quindi come un’evoluzione rispetto al teatro italiano dell’epoca.

Sul podio Jeffrey Tate, a cinque anni dai suoi apprezzatissimi Ring e The Turn of the Screw, è rigoroso nello stile, ma anche attento alle sfumature legate alla poetica degli affetti e dirige con la consueta accuratezza e consapevolezza. Sul palcoscenico un cast di belcantisti: nel ruolo eponimo Brenden Gunnel, tenore americano; Monica Baccelli è Idamante, Ekaterina Sadovnikova interpreta il ruolo di Ilia, Michaela Kaune quello di Elettra, Anicio Zorzi Giustiniani quello di Arbace; Krystian Adam dà voce al gran sacerdote di Nettuno e Michael Leibundgut all’oracolo. Deboluccia la regia di Alessandro Talevi, quarantenne italo-sudafricano nominato nel 2009 miglior artista emergente dalla rivista Opernwelt, che a nostro vedere non riesce a far arrivare al pubblico la sua lettura dell’opera che spiega così: “La tematica essenziale dell’opera è la difficoltà e allo stesso tempo la necessità di affrontare i grandi cambiamenti che la vita ci impone… nel pensare allo spettacolo ho preferito alludere, in generale, a uno dei possibili sconvolgimenti che potrebbero cambiare la percezione che abbiamo di noi stessi e assumere i connotati del mostro che incarna la vendetta di Nettuno contro Idomeneo…”.

Sanno di già visto nel film Waterworld di Kevin Reynolds le scene di Justin Arienti e i costumi di Manuel Pedretti, suggestive le luci di Giuseppe Calabrò. I movimenti coreografici sono di Nikos Lagousakos. Per chi scrive un simpatico, ingenuo, ricordo dell’Idomeneo andato in scena nel marzo del 1993: per qualche facchino del teatro Idomeneo non era il nome del re di Creta, bensì la frase veneziana “I do Meneo” che venne tradotta in italiano, col gesso, in… “I due Mennello”!




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