martedì 2 settembre 2014 - enzo sanna

Dai cento ai mille giorni di Renzi. La differenza, in fondo, sta solo nell’aggiunta di uno zero.

La presentazione dell'atteso decreto "Sblocca Italia", condotta con l'ausilio dello scontato alternarsi di slide, conferma il gioco dei numeri del premier, gestito con maestria a uso del "volgo", ma che non sfugge, nella sua aleatorietà, a chi i numeri sa leggere. Insomma, mettere in campo dieci miliardi in dodici mesi apparirebbe qualcosa di eccezionale, capace di dare una smossa all'economia... Se fosse vero.

Man mano che le slide scorrono e le parole d'ordine si susseguono, ci si accorge che qualche conto inizia a non tornare. Dei dieci miliardi dichiarati, oltre otto riguardano opere già finanziate e cantierabili. Il merito del decreto illustrato da Renzi, ammesso che di merito si tratti e non di mera propaganda, starebbe nell'accorciare i tempi di inizio lavori. In aggiunta al conto di ciò che già esiste mancano meno di due miliardi. L'annunciata sistemazione dei precari della scuola ne assorbirebbe oltre uno (a quel punto ciao alle briciole) e dunque ecco il prode Renzi decidere per il rinvio della riforma. Una cosa, però, Renzi non può rinviare: il prossimo tsunami di cassa integrazione attesa per l'autunno. Cosa fare, allora? Tacere, tacere, tacere. Così, però, i conti non tornano più. Non solo, la prossima finanziaria si preannuncia pregna di lacrime e sangue, come se già non bastassero i rincari sulle tasse locali.

Qualcuno eccepirà che Renzi, essendo un politico puro, cioè di quelli a non aver fatto altro in vita loro, capisca poco di conti, divenendo fumoso sia nell'interpretarli che nell'illustrarli. Proviamo ad affidarci, allora, a chi di conti ne capisce, eccome: il ministro Padoan. In una intervista del ventotto di agosto a opera del TG2, il nostro ministro risponde a una serie di domande, chiaramente concordate e compiacenti, poste da un giornalista da "Red carpet" (nel senso che esercita il ruolo di tappeto). Il ministeriale intervistato, con aria rilassata e gambe accavallate, replica alle domande preconfezionate dimostrando assoluta sicurezza nel dire e non dire, dichiarare senza dichiarare, ammiccare ammiccando, sostenere senza sostenere. Insomma, se qualcuno si era illuso di apprendere dal ministro Padoan qualcosa di come vanno i conti d'Italia, l'unica impressione che ne ha ricavato sta nell'uso subdolo della retorica utilizzata al fine di non fornire un solo dato verificabile circa la politica economica del governo Renzi. Pensate, persino l'incoerente Bersani inizia a farsi sentire dichiarando che lui non riuscirebbe a "sostenere che gli asini volano", a differenza del suo segretario di partito e presidente del consiglio.

Un particolare, però, lascia il segno nello "Sblocca Italia" renziano: l'ennesimo attacco alla libertà di stampa. Il nostro "eroe" cincischia sul ruolo sacrosanto della stampa per poi assestare il fendente su ciò che agli italiani, salvo i malati di gossip, può interessare men che meno: la vita privata dei politici. Ci vuol poco a comprendere quanto Renzi si stia esercitando a fare l'equilibrista sulla fune della libertà di stampa, a proprio beneficio, a quello del suo sostenitore Berlusconi e, guarda caso, anche a quello del suo finto oppositore Grillo, fresco anch'egli di un attacco forsennato rivolto a vari giornalisti che gli contestano parecchie cose, non ultima quella di far palanche alla faccia di tutti con la sua attività politica. Chiediamoci, dunque, cosa c'entra lo "Sblocca Italia" con le norme sulla stampa. Creerà nuovi posti di lavoro?

Qualcuno più realista del Re sosterrà che non si può giudicare un governo a pochi mesi dall'inizio dell'attività. Verissimo. Quel qualcuno, però, dovrà pur convenire che i dati macro-economici sono tutti peggiorati. Mille disoccupati in più al giorno non sono bazzecole; Eppure ci sono cose che un governo serio potrebbe mettere in campo con un quarto dei finanziamenti sbandierati nello "Sblocca Italia", ottenendo in tre anni se non il dimezzamento della disoccupazione, almeno una buona inversione di tendenza: interventi radicali nel settore agricolo, zootecnico, nell'industria di trasformazione agro-alimentare, nel recupero del territorio, nel turismo, nell'artigianato, in ciò che non è "delocalizzabile", per intenderci. Vogliamo scommettere?

Ma no! Per il nostro governo e per il suo leader il problema sta nella gestione degli "zero". Visto l'esito nullo in termini di risultati e, peggio, in sostanza, dell'operato nei primi cento e passa giorni di governo del Paese, ecco la pensata geniale: aggiungere uno zero e farli diventare mille. Sarà più semplice sostenere che c'è tutto il tempo per realizzare quanto promesso.

Da parte nostra non resta che sperare in una ripresa economica dell'Europa tale da trascinare anche il nostro Paese, pronti a tollerare persino la faccia tosta di Renzi nel sostenere (potete scommetterci) che, nel caso, sarebbe tutto merito suo.




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