venerdì 2 dicembre 2011 - Enrico Emilitri

Come l’Occidente seppellirà se stesso

Quando nel 1979 esplose la Rivoluzione Iraniana, la prima conseguenza dopo la fuga di Mohammed Riza Pahlavi, il ritorno in Patria dell'ayatallah Ruollah Khomeini e la proclamazione della Repubblica Islamica fu senz'altro l'assalto all'ambasciata degli Stati Uniti, con la presa in ostaggio di pressoché tutti i diplomatici presenti.

Il braccio di ferro tra Teheran e Washington andò avanti, come ben sappiamo, per circa un anno e mezzo, finché - dopo il fallito raid statunitense che avrebbe dovuto portare alla liberazione degli stessi ostaggi - gli USA furono di fatto obbligati a cedere e subirono una delle peggiori umiliazioni della loro Storia.

Ora, a oltre trent'anni di distanza da quella drammatica serie di eventi, l'Occidente torna a reclamare la propria vendetta nei confronti di un Paese e di un popolo la cui unica ambizione è quella di rimanere liberi e sovrani senza dover in alcun modo rispondere ad alcuno se non di fronte alla propria coscienza.

E' vero che le ultime elezioni sono state vinte con l'inganno e la forza dall'attuale Presidente Mahmud Ahmadinejad, ingegnere, ex-ufficiale dei Pasdaran ed ex-sindaco della capitale, ma come insegna l'esperienza (tutt'altro che edificante) delle stesse democrazie occidentali, i brogli possono risultare legittimi se la stessa autorità delle classi dirigenti viene messa in qualche modo in pericolo dalle pressioni interne e, soprattutto, tramite queste dalle manovre esterne, e come ben si sa la cosiddetta "Primavera Araba" si è rivelata molto utile ai governi occidentali specie in un momento in cui l'enpasse in Iraq ed Afhganistan rischia di travolgere quelle che sino a poco tempo fa erano (grazie anche alla contemporanea dissoluzione degli Stati Socialisti in Euorpa Orientale) le Potenze dominanti.

E' curioso notare come, al di fuori dell'Alaska (che l'Impero Russo cedette agli Stati Uniti nel 1867), pressoché tutti gli Imperi coloniali succedutisi dal 1492 in poi siano stati costituiti da quelle che sarebbero divenute le democrazie liberali (nell'ordine Spagna, Portogallo, Olanda, Francia, Regno Unito, Belgio, Germania, Italia e, da ultimo, anche se con tempi e modadlità tutt'affatto diverse, Stati Uniti e Giappone).

A questo punto risulta evidente che fenomeni come quelli cui assistiamo da oltre un ventennio lasciano piuttosto perpelessi, soprattutto se si pensa che mentre noi intraprendiamo, tutto sommato, delle nuove guerre coloniali (miranti non più alla conquista e al dominio diretto delle terre già a noi soggette, ma tramite quelli che potremmo tranqillamente chiamare Gabinetti Quisling), paesi come l'India, la Cina Popolare, ma anche diversi Stati latinoamericani (Venezuela e Brasile in testa) stanno a loro volta conquistando quei mercati che noi abbiamo lasciato liberi per intraprendere una nuova crociata che trova la sua origine nelal rappresaglia seguita ai tragici attentati dell'11 settembre 2011.

Anche qui c'è, però, il rovescio della medaglia: chi abbatté le Torri Gemelle e colpì il Pentagono (macando di poco la Casa Bianca, il che sarebbe stato inutile, dato che in quel momento il Presidente George Bush jr non si trovava a Washington) aveva preso parte (col sostenìgno degli Stati Uniti e dell'Occidente) alla lunga guerra contro i sovietici in Afghanistan o l'aveva in qualche modo sostenuta, come dire che l'arma utilizzata per contenere (specie dopo il disastro del Vietnam) l'espansione del Comunismo si era ritorta contro chi l'aveva innescata, per cui risulta tutt'ora inutile demonizzare il radicalismo islamico dopo che noi stessi lo abbiamo in quanche maniera per lungo tempo sostenuto.

Concludendo, e malgrado l'apparente successo ottenuto con la caduta e la conseguente morte di Muhammar Mohammed al-Qadafi in Libia, il fatto che non si riesca, sul momento, ad ottenere analogo risultato in Siria (benché non sia escluso che anche Bashar al-Asad possa infine essere travolto dalla furia popolare) dimostra tutti i limiti ed i fallimenti di una politica con cui l'Occidente stesso tenta sempre di più di coprire il progressivo sgretolarsi della sua potenza planetaria invece di porre rimedio ai suoi stessi mali eliminando progressivamente le eguaglianze sociali ed il divario economico non soltanto tra paesi ricchi e paesi poveri, ma anche al proprio interno sino a raggiungere un perlomeno parziale livellamento sociale che solo potrebbe infine risolvere una situazione che altrimenti finirebbe col travolgerlo.



5 réactions


  • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 2 dicembre 2011 22:56

    sì, è proprio il caso di eliminare anche le "eguaglianze sociali". Siccome ce ne sono parecchie....


    • Enrico Emilitri Enrico Emilitri (---.---.---.89) 2 dicembre 2011 23:13

      Chiedo venia: intendevo dire diseguaglianze sociali, ma evidentemente - causa anche l’ora in cui l’articolo è stato redatto e l’eccessiva celerità - il termine è uscito dimezzato.
      Del resto sono cose che capitano: ad ogni buon conto penso di aver espresso il mio pensiero in merito a questioni estremamente spinose.


  • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 3 dicembre 2011 10:33

    Certo, si capiva quello che intendevi, ma l’occasione per fare un po’ di sarcasmo era troppo allettante...


  • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.38) 3 dicembre 2011 10:35

    chiedo perdono... buon lavoro !


    • Enrico Emilitri Enrico Emilitri (---.---.---.10) 3 dicembre 2011 10:55

      Scusato! Del resto capita anche a me di sbagliare, se ciò non fosse non saremo uomini, ma divinità o demoni (fai un po’ tu … ).


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