venerdì 30 dicembre 2016 - Oggiscienza

Combattere l’invecchiamento distruggendo le cellule vecchie: una delle scoperte dell’anno secondo Science

Eliminando le cellule che non sono più capaci di dividersi è possibile rallentare il processo di invecchiamento e allungare la durata della vita. Considerata una delle scoperte più importanti del 2016 dalla rivista Science, apre la strada a possibili trattamenti.

di Valentina Daelli

Complici un calo delle nascite che non dà cenno di fermarsi e un allungamento dell’aspettativa di vita, la popolazione italiana si ritrova ogni anno un po’ più vecchia. L’indice di vecchiaia è cresciuto costantemente negli ultimi 15 anni: se nel 2000 ogni 100 giovani sotto i 15 anni si contavano 126 anziani sopra i 65, nel 2015 questo numero è salito a 157. Uno dei Paesi più vecchi in Europa, secondo solo alla Germania. E le stime per i prossimi decenni non sembrano indicare un cambiamento di rotta: secondo i dati Istat, nel 2065 più del 32% della popolazione italiana potrebbe avere più di 65 anni.

E mentre il recente tentativo di svecchiare il Paese con nuove nascite non è filato del tutto liscio (ci ricordiamo bene la gaffe del Fertility Day), diventa cruciale trovare strategie per mantenere in salute una popolazione non più giovanissima.

Sollevano quindi grande attenzione i risultati di due studi pubblicati quest’anno, e scelti dalla rivista Science tra le scoperte più importanti del 2016. Eliminando le cellule senescenti, cioè ormai incapaci di divedersi, un gruppo di ricercatori della Mayo Clinic è riuscito a rallentare l’invecchiamento e ad allungare la vita fino al 35% della sua durata. Con un caveat, prima di metterci tutti in fila per la sperimentazione: la ricerca è stata condotta solo su un gruppo di topi.

Nel suo normale ciclo di vita, una cellula va incontro a numerose divisioni: è in questo modo che un corpo cresce e rinnova le sue cellule distrutte o danneggiate. In caso di mutazioni, il processo di divisione può essere alterato, portando a una crescita cellulare incontrollata che può avere come risultato la formazione di tumori. Per evitare questa trasformazione, le cellule hanno a disposizione un meccanismo di difesa: in alcuni casi smettono di dividersi in modo definitivo, entrando in uno stato chiamato senescenza cellulare. Le cellule senescenti si accumulano negli organi con il passare del tempo, e da tempo si pensava che avessero un ruolo nel processo di invecchiamento, ma il legame non era stato provato in modo definitivo.

Fino allo scorso febbraio 2016, quando una ricerca pubblicata su Nature ha dimostrato che eliminando le cellule senescenti in un gruppo di topi “di mezza età” è possibile allungare la durata della vita e ringiovanire diversi organi del corpo.

Lo studio è stato condotto su topi geneticamente modificati, in modo da avere un meccanismo per distruggere in modo selettivo le cellule senescenti. Queste cellule possono essere riconosciute perché hanno un’attività particolarmente alta del gene p16Ink4a. Dopo la somministrazione di un farmaco, gli animali geneticamente modificati producono un enzima che distrugge proprio le cellule in cui quel gene è attivo. Rispetto agli animali di controllo, i topi transgenici che hanno eliminato le cellule senescenti hanno mostrato di vivere più a lungo (fino al 35%), riducendo alcuni normali segni di invecchiamento.

Utilizzando un simile approccio, lo stesso gruppo di ricerca ha studiato il ruolo delle cellule senescenti nella formazione di placche nelle arterie, associata all’aterosclerosi. Gli animali che hanno eliminato le cellule senescenti hanno mostrato una riduzione del 60% delle placche nelle arterie. I risultati dello studio, pubblicato su Science lo scorso ottobre 2016, suggeriscono che le cellule senescenti aumentano anche il rischio di rottura delle placche, responsabile di infarti e ictus.

Come accade spesso, l’applicazione di questi risultati in trattamenti per gli esseri umani è tutt’altro che immediata. Prima di poter accedere a terapie anti-invecchiamento basate su queste premesse dovrà essere stabilita la loro efficacia e sicurezza su altri modelli animali e sugli esseri umani. L’attesa potrebbe però non essere lunghissima: già nel 2017 sono previsti studi clinici che prevedono l’uso di farmaci per distruggere le cellule senescenti in pazienti che soffrono di un tipo di artrite.

@ValentinaDaelli

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Foto: f_barca/istagram




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