giovedì 24 novembre 2016 - Aldo Giannuli

Colpo di Stato? Il Pd trascina il paese allo scontro

Un paio di giorni fa, l’economista Giuliano Cazzola, ospite all’Aria che Tira, a metà fra il serio ed il faceto, ha detto che in caso di vittoria del M5s, i carabinieri dovrebbero fare un colpo di Stato. Certo, si fa presto a dire che è solo una battuta, magari esagerata, però quando iniziano a volare certe parole è bene cominciare a prendere appunti. 

Noi non ce lo stiamo dicendo e facciamo finta che la riforma costituzionale di Renzi sia una proposta, avanzata secondo le regole e che riceverà l’approvazione o la disapprovazione finale del popolo. Comunque vada è una decisione democratica che chiude la questione.

E invece le cose non stanno così, questa è solo la rappresentazione formale dello scontro, non l’analisi politica di esso. In primo luogo c’è il peccato di origine di come è nata questa riforma: da parte di un partito che aveva solo il 25% dei voti popolari, magicamente raddoppiati in seggi grazie ad una legge elettorale super truffa dichiarata incostituzionale.

Per di più si noti che la riforma costituzionale (o anche quella elettorale) non facevano parte del programma del Pd, dunque non c’è neppure stata una investitura popolare in questo senso, per quanto minoritaria, anzi Sel, che faceva parte della coalizione si è dissociata dalla riforma ed è passata all’opposizione. E neanche c’è stata una decisione nel congresso del partito in questo senso, anzi una bella fetta del partito si è dichiarata contraria e, in parte, ora vota No.

Questa riforma è partita fra il Quirinale e Palazzo Chigi, nella più classica “combinazione di palazzo”. Poi l’iter legislativo e la campagna sono andati come si sa, con frequenti strappi alla norma e autentiche enormità cui, però, i mass media si sono adeguati parlandone come se nulla fosse.

L’Hp di ieri parlava disinvoltamente di un patto fra Renzi e De Luca, per il quale il governo modificherebbe la legge sul commissariamento della sanità nelle regioni, permettendo a De Luca di diventare commissario nella sua regione, se De Luca gli porta un po’ di Si al referendum e questo spiega la riunione dei 300 sindaci il 15 novembre (se non è voto di scambio questo, cosa è voto di scambio?). Ma sulla questione ed il suo profilo penale torneremo a breve.

Per Renzi gli altri (tutti gli altri) sono "marmaglia" ma la stampa insorge solo quando Grillo gli risponde per le rime definendolo pesantemente come “scrofa ferita” (di poteva dire anche tigre ferita). Tutto questo sta creando un clima di inimicizia assoluta fra i due schieramenti. Ormai si respira un clima di pre-guerra civile anche se si evita di usare la parola. E in questo clima cominciano a volare parole come “colpo di Stato”.

Il fatto è che il Pd il danno lo ha già combinato: ha stracciato il patto comune facendone un affare di partito. Comunque finisca (a meno di un improbabile 65% o 75% a favore di uno dei due schieramenti) ci sarà una importante fetta del popolo che non si riconoscerà nella costituzione che uscirà dalle urne. Non sarà la costituzione di tutto il popolo ma di poco più della metà di esso. Se dovesse vincere il Si alla costituzione gelliana, gli altri, i sostenitori della costituzione repubblicana si organizzeranno per rovesciare questo risultato, se dovesse vincere il No quanti pensano che si sia persa una occasione per cambiare le cose proverebbero costantemente a riproporre il loro schema piduista. Con il risultato che la Costituzione diverrebbe terreno di scontro e non più patto concordato.

Il danno è fatto e quelli del Pd si sono comportati come una banda di pazzi irresponsabili, trascinando il paese verso lo scontro interno.

Il 5 dicembre constateremo il fossato di odio che si è aperto e che si approfondirà sempre più se la situazione economico sociale del paese dovesse peggiorare ancora.

Una vittoria del no di larga misura ed il ritorno alla legge elettorale proporzionale sono le primissime misure che possono fermare questa discesa agli inferi del paese.




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