lunedì 21 settembre 2015 - Giovanni Graziano Manca

Cinema d’altri tempi: Il mulino del Po, di Alberto Lattuada

Alberto Lattuada viene definito un formalista della realtà; per chi conosce il percorso intellettuale e artistico del grande regista lombardo è facile capire i motivi che stanno alla base di tale affermazione. Milanese di nascita, di estrazione borghese, si laurea in architettura. Si muove fin da ragazzo in ambienti dove si apprezza e si pratica l’arte. Amante della letteratura, si interessa anche di fotografia e di cinema, soprattutto. Il suo primo lungometraggio, Il bandito, è del 1946.

Nel cinema di Lattuada sono avvertibili rimarchevoli influenze di genere letterario: nel corso degli anni egli porterà sul grande schermo riduzioni cinematografiche tratte da D’Annunzio, De Marchi, Gogol (Il cappotto), Verga (La lupa), Puskin (La tempesta) e Bacchelli.

Nei suoi lavori, per altri versi, emergono l’adozione di scelte stilistiche che avvicinano l’artista al melodramma e alla commedia noir hollywoodiana; sono tra le componenti essenziali che conferiscono all’opera del regista quella connotazione formalistica di cui spesso si parla a proposito delle caratteristiche dei suoi film.

Regista rigorosissimo, le sue attenzioni artistiche sono sempre volte all’ottenimento della perfezione formale del film; inoltre, al suo cinema degli esordi Lattuada ha saputo conferire enfasi e teatralità non comuni.

Queste particolarità influiscono sul complesso delle modalità espressive che differenziano l’opera del regista milanese rispetto a quelle utilizzate nei film del neorealismo propriamente detto (quello, per intenderci, teorizzato e/o messo in scena da Rossellini, Zavattini, Visconti e De Sica).

Peculiarità del cinema di Lattuada sono ben visibili e apprezzabili, tra gli altri, nei lungometraggi Il delitto di Giovanni Episcopo (tratto da D’Annunzio) e Il mulino del Po, del 1949, tratto dall’omonimo romanzo di Riccardo Bacchelli. Quest’ultimo film vede, nella parte di Berta, la partecipazione di Carla dal Poggio, popolarissima in quegli anni, attrice dai trascorsi teatrali nella vita moglie di Alberto Lattuada. Berta è figura di primo piano sia nell’ambito della narrazione cinematografica sia in quello della narrazione letteraria.

Ambientato negli anni successivi al Risorgimento, Il mulino del Po racconta le prime lotte di classe con le quali i contadini del delta ferrarese del Po cercano di migliorare le loro miserabili condizioni di lavoro e di vita e di affrancarsi rispetto alle continue imposizioni della borghesia terriera. Un epilogo amaro, però, scaturisce dalle vicende narrate: nessun miglioramento verrà alla povera gente che vive e fatica lungo le sponde del fiume in conseguenza delle proteste e dello sciopero messo in atto dai contadini contro le soverchierie perpetrate dal padrone latifondista ai danni della classe lavoratrice, ma solo divisioni che avvelenano i rapporti tra le famiglie dei lavoranti e odio fratricida, morte e la distruzione della vita di ognuno dei protagonisti; un finale penoso in pieno stile verista, quello del film, che mette anche in risalto l’ineluttabilità della sorte avversa che in modo inesorabile si accanisce contro la parte più vulnerabile e indifesa della popolazione e si contrappone ai tentativi di riscatto attuati dalla gente di campagna.

Un giovanissimo Carlo Lizzani, scomparso in anni recenti, nel film ricopre un piccolo ruolo di attore (l’ufficiale di cavalleria incaricato di far cessare anche con le armi lo sciopero dei lavoratori) e quello di aiuto regista di Lattuada. Il regista e critico cinematografico romano racconta che l’opera, politicamente parlando, ricevette critiche tanto da destra quanto da sinistra: da destra perché in ambienti borghesi si era diffusa la convinzione che le fasce più povere e umili della popolazione fossero le protagoniste quasi esclusive delle narrazioni cinematografiche italiane (tale circostanza era in tali ambienti ritenuta dannosa per l’immagine del nostro Paese nel mondo), da sinistra perchè si pensava che il finale assai pessimistico del film fosse di nocumento alla causa delle lotte sociali portate avanti dalla sinistra stessa. Il film, in realtà, metteva in scena l’intreccio narrativo della seconda parte di un romanzo, Il Mulino del Po, appunto, le cui vicende vengono ambientate negli ultimi decenni dell’Ottocento. Lo stesso autore dell’opera letteraria Riccardo Bacchelli, peraltro, collaborò con Lattuada nella fase di stesura della sceneggiatura del film rimanendone, per quanto se ne sa, soddisfatto. 

Sempre Lizzani, tuttavia, osserva anche che nonostante le vicende raccontate nel lungometraggio fossero ambientate in un’altra epoca storica, il film conteneva elementi che sembravano richiamare la realtà di alcuni fatti storici che si verificavano in Italia proprio nei giorni in cui esso veniva girato. Il regista fa riferimento ai fatti relativi all’attentato a Togliatti, a seguito dei quali si organizzarono manifestazioni di protesta e scioperi in molte città italiane.

La circostanza riferita da Lizzani sarebbe, secondo lo stesso regista e critico cinematografico romano, uno dei possibili punti di contatto tra il film Il mulino del Po e altre opere del neorealismo cinematografico italiano.

Foto: Wikimedia




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