mercoledì 29 giugno 2016 - Elena Ferro

Ciao, ciao, Popolo. La democrazia ai tempi dei referendum

Referendum, elezione diretta del Presidente della Repubblica, del Sindaco, consultazioni on line, negli ultimi anni non sento parlare d'altro, come se improvvisamente avessimo riscoperto la gente, il popolo, come unico depositario della saggezza comune, della verità e di soluzioni per una democrazia vacillante, in primis nei contenuti.

Questo allargamento della partecipazione formale però è inversamente proporzionale alla risposta del popolo, che fa crescere l'astensione, la sfiducia, la distanza tra rappresentanti e rappresentati.

Insomma, qualcosa non funziona. Sembra che non basti sollecitare l'immaginario collettivo con formule populiste dalle nefaste conseguenze se poi chi governa decide da solo. Occorre realizzare qualcosa che sia in connessione con i bisogni profondi delle persone, una democrazia piena e qualche proposta di contenuto, che dia una speranza vera alle persone, una visione per il futuro.

#Basta un popolo per fare una democrazia?

Non basta un confine per fare uno Stato, nè un titolo per fare una nazione. E forse non basta un popolo per fare una democrazia. Sembra questo il messaggio che le persone lanciano, anche rifiutando la partecipazione alla vita democratica o rinunciando al voto che in fondo è l'unico strumento che abbiamo.

C'è bisogno di qualcosa di più.

E' una riflessione più guidata dalle immagini e dalle sensazioni che dagli approfondimenti politici o dagli articoli di giornali, mi rendo perfettamente conto. Quelli però li avrete già letti o li leggerete, se ne avrete voglia.

Io vorrei tornare indietro di qualche anno (più di qualche anno :), a quando nella mia testa di giovane studentessa si è formato il concetto di democrazia matura.

Siamo nell'illuminismo francese de Lo spirito delle leggi di Montesquieu e poi al Contratto Sociale di Rousseau. Simpatie forse o qualcosa di più, ma sono immagini su cui mi viene voglia di indagare.

Certo allora la parola popolo mi sembrava stonata, capivo di più il termine cittadinanza, come forma attiva di partecipazione, come scelta, non come concessione.

Contratto sociale e regolazione della relazioni tra cittadini per mezzo dei governi. La Repubblica, informata al principio di virtù.

Cose obsolete, insomma.

Teorie che auspicano classi dirigenti capaci di rappresentare i cittadini e che possibilmente ne soddisfino i bisogni, con processi di partecipazione e rappresentanza regolati da norme certe e da principi di trasparenza.

Dove per rappresentanza io intendo la capacità di interpretare bisogni che occorre conoscere, non sollecitare la pancia delle persone, che a quello ci pensa già la miseria.

Capacità di comporre interessi divergenti tra chi produce e lavora e chi massimizza il profitto, di giovani con un futuro tutto da costruire e anziani con un passato cui restare aggrappati, tra uomini e donne che fanno fatica a conciliare, di ricchi e meno ricchi che stanno sempre peggio, nell'indifferenza dei più.

Che alludesse a questo Montesquieu quando richiamava la virtù come qualità fondamentale delle repubbliche?

#Democrazia non è solo rappresentanza diretta

Oggi la parola democrazia sembra declinarsi come forma di rappresentanza diretta, anche per mezzo dei referendum. Apparentemente sembriamo protagonisti della nostra storia, ma lo siamo davvero?

Abbiamo davvero più leve o ne abbiamo di meno?

E che fine ha fatto il Parlamento? Designati dai partiti e non scelti dal popolo che tanto si vuole valorizzare, i fulcri della democrazia rappresentativa sembrano con le armi spuntate. Un pò duro svolgere il lavoro di mediazione e composizione in un contesto come questo... Il Parlamento conta sempre meno, se non per votare ripetute fiducie.

Non è che il ricorso alle forme di partecipazione diretta sia il segno tangibile di una crisi materiale della democrazia rappresentativa de facto e de jure?

Prendete il caso Gran Bretagna.

Ecco qui la misura della distanza giunge al suo maximum, e non penso solo alla Brexit, ma alle strumentalizzazioni ( e alle speculazioni finanziarie) che intorno ad essa si sono raccolte, anche fuori dal Regno Unito (che tanto unito non sembra, a giudicare dalle reazioni, in primis della Scozia).

Un processo che va verso la polverizzazione, verso l'autodafé, piuttosto che l'unità di cui ci sarebbe bisogno.

Vince l'idea che da soli è meglio e a suon di nazionalismi muore l'idea di un collettivo che ancora non è stato costruito.

E c'è una tale leggerezza nell'assumere queste decisioni.... ho sentito alcuni inglesi intervistati che hanno votato per il leave, per uscire dall'Europa. Sembravano aver appena marinato la scuola tanto erano soddisfatti. Ma sapere cosa li aspetta, cosa ci aspetta... beh è altra storia.

Intanto i potenti, da una parte e dall'altra, prendono tempo. Comunque sia andato il voto, ne vedremo ancora delle belle. A proposito di democrazia diretta e di scelte.

#Dicevamo cittadinanza

L'Europa ha bisogno di valori comuni, valori sui quali ancora poco o nulla si è detto. Voglio portare un esempio.

Perché proprio non dimentico che qualche giorno fa, sostanzialmente sotto silenzio, si è compiuta ai confini tra Turchia e Siria una strage di civili che fuggivano dalla guerra per opera si suppone della polizia turca.

Hanno sparato alzo zero a donne e bambini, lo hanno denunciato ONG e l'UNICEF in Italia, ma non se ne è parlato molto. E ancora in queste ore, ancora in Turchia, attentati kamikaze con al momento in cui sto scrivendo 36 morti. E noi ci dividiamo?

Qualcosa bolle ai confini dell'Europa che un pò ammettiamolo, traballa.

Le frontiere dell'Europa sono fragili come antichi papiri con scritte dorate.

Ci tengo a sottolineare che la Turchia è uno di quei paesi che da tempo è in predicato di entrare nell'Unione Europea in cerca d'autore. Mi vengono i brividi.

#Come se ne esce?

Non so se gli strumenti della democrazia diretta da cui siamo partiti nella nostra riflessione siano la strada maestra per uscire dal guado, ma di certo lo siamo noi.

Dobbiamo tornare ad uscire dai nostri rifugi in cui nel tempo ci siamo annidati, per mille buone ragioni.

Se non accadrà, ci passeranno sopra tanti altri referendum e forse li bucheremo ancora per ignavia, per demoralizzazione, per ignoranza, per mancanza di fiducia. Forse li trasformeranno in plebisciti di antica memoria, e allora avremo toccato il fondo.

O forse no. Forse potremmo trasformarli in quel segnale di forte volontà di cambiamento di cui c'è bisogno. Sul lavoro, sui diritti, sulla democrazia. Facciamoci sentire.

Serve una partecipazione massiccia, serve esserci, serve segnalare che siamo usciti dai nidi-prigioni dell'indifferenza.

Lasciar correre sta generando tutto ciò, forse è il caso di riprendere in mano le briglie del nostro futuro.

Forse possiamo ritrovare le radici della nostra storia comune e farle rivivere.

C'è qualcuno a cui questa demoralizzazione, questa lontananza o ignoranza, serve. Non facciamo che le cose gli riescano più facilmente del dovuto.

Facciamo argine.

Non permettiamo a nessuno di dirci ciao ciao, popolo.

Rendiamo benvenuta la cittadinanza.



2 réactions


  • GeriSteve (---.---.---.84) 30 giugno 2016 14:47

    "Serve una partecipazione massiccia"...

    Però i partiti sono diventati comitati d’affari, se non mafie, la democrazia diretta la si chiama "populismo"...

    e allora??

    GeriSteve


  • Elena Ferro Elena Ferro (---.---.---.65) 7 luglio 2016 21:54

    Ciao GeriSteve, capisco la tua osservazione, che ha una punta di amarezza.

    Intendevo partecipazione al voto. L’astensione mi fa più paura del populismo, è un lasciar fare senza controllo.
    Esserci non vuol dire solo votare un partito ma rivendicare i propri diritti e bisogni nella quotidianità.
    Insomma, non vi lasciamo mani libere ma vi segnaliamo ogni giorno cosa riteniamo giusto... Una volta c’erano manifestazioni efficaci..... :)

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