giovedì 17 agosto 2017 - Riccardo Noury - Amnesty International

Chiede di essere messo a morte, giudice del Nevada l’accontenta

Scott Dozier ha ottenuto ciò che voleva: essere messo a morte, possibilmente presto.

Un giudice di Las Vegas gli ha appena dato ragione, fissando la data dell’esecuzione al 16 ottobre. Mediante iniezione di veleno, il metodo in vigore in Nevada, e non tramite fucilazione come Dozier avrebbe desiderato.

Dozier (nella foto tratta da www.arre.st) è stato condannato a morte nel 2007 per un barbaro omicidio commesso nel 2002, probabilmente un regolamento di conti per questioni di droga.

Dal 1977, anno della ripresa delle esecuzioni negli Usa, le esecuzioni di “volontari” sono state 148, ben una ogni 10.

Le ragioni per cui, dal braccio della morte, così tanti prigionieri chiedono ai loro avvocati di sospendere ogni appello, sono varie: sensi di colpa, voglia di farla finita al più presto, sfiducia nella giustizia o problemi di salute mentale.

Probabilmente, nei prossimi due mesi, si riaprirà il dibattito sui “volontari”. Da un lato c’è chi sostiene che fissando la data dell’esecuzione si viene incontro a una “libera scelta” del condannato. Dall’altro, si osserva che lo Stato non può sorvolare sul diritto alla difesa per il mero fatto che un prigioniero non vuole più difendersi.

C’è un aspetto che viene tralasciato. Non poche volte, consolidate abitudini degli stati degli Usa a non eseguire condanne a morte (una sorta di abolizionismo “di fatto”) sono state interrotte dalla decisione di un “volontario”. La macchina della morte, in altre parole, si è rimessa in moto per questo motivo, aumentando il rischio di esecuzione per gli altri detenuti nel braccio della morte che “volontari” non sono.




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