mercoledì 1 luglio 2015 - Paolo Borrello

Chi sono i "barboni domestici"?

Generalmente i barboni dormono nelle stazioni ferroviarie, lungo le strade delle città più grandi, spesso all’aperto.

Ma ci sono anche i cosiddetti barboni domestici. Probabilmente non sono molti. A Roma, ma credo anche in molte altre città italiane, ce ne sono, forse in un numero maggiore di quanto si pensi generalmente.

E chi sono i barboni domestici? In un articolo pubblicato su redattoresociale ci si occupa di loro.

A Roma i barboni domestici, almeno una parte di loro, sono stati seguiti nell’ambito dell’attuazione del progetto X, promosso dalla Regione Lazio.

Nell’articolo citato si può leggere:

“Dai dati raccolti emerge un profilo piuttosto variegato delle persone seguite. ‘Abbiamo un’ampia costellazione: ex insegnanti, ex dirigenti d’azienda, ingegneri – spiega Fernanda Taruggi coordinatrice del progetto -. A quanto emerge dai dati statistici c’è una buona percentuale in cui sono proprietari di casa, o sono in affitto o nelle cosiddette case popolari. Ci sono parecchie persone benestanti. L’associazione barbone e povertà nel caso del barbonismo domestico non può essere così lineare e diretta’.

Secondo l’esperienza condotta sul campo dagli operatori, le persone seguite dal progetto X sono donne e uomini praticamente in egual misura. Solo una piccola parte di loro sono stranieri, mentre per quanto riguarda le fasce d’età si va dai 50 agli 80 anni, nella maggior parte dei casi, con una buona fetta di 50-60 enni (sono 14 su 39) e non mancano anche alcuni casi tra i 30 e i 40 anni. Più della metà di loro hanno una pensione da lavoro o sociale, meno della metà ha una pensione di invalidità o d’accompagno.

Ma se non mancano casi in cui la disponibilità economica non è un problema, non sono neanche pochi i casi cui misere pensioni sono l’unico mezzo di sostentamento e in taluni casi, manca qualsiasi forma di reddito e si vive di espedienti.

Quel che accomuna quasi tutti, invece, è la solitudine. In quasi tre casi su quattro, la persona presa in carico dal progetto vive da sola e con scarsi rapporti con i familiari, se presenti. Questi ultimi, nella maggior parte dei casi non sono di nessun supporto, quando solo in un caso su quattro le persone che vivono in questa condizione non presenta patologie. Negli altri casi si va da quelle psichiatriche alle dipendenze”.

Secondo i responsabili del progetto, si tratta di un fenomeno “crescente”, nell’ambito del quale ci sono situazioni, individuali o familiari, spesso sconosciute ai servizi territoriali, che versano in condizione di pieno isolamento e scarsa igiene dell’appartamento, non di rado utilizzato come rifugio e come magazzino per ogni genere di materiale.

Una “realtà sommersa”, spiega Fernanda Taruggi, nascosta dietro una porta chiusa che non sfugge ai condomini o agli amministratori di condominio. Sono proprio loro, spesso, a fare delle segnalazioni che nella maggior parte dei casi arrivano sempre quando la situazione è ormai al limite.

Spesso, infatti, ha spiegato Valter Gallotta, direttore Uoc ospedaliera servizio di diagnosi e cura presso l’ospedale San Giovanni, si confonde il barbonismo con l’avarizia o la pigrizia dei condomini e non viene segnalata per tempo, soprattutto in quei casi in cui i legami familiari sono andati persi per diverse ragioni.

Io credo che occorra impegnarsi di più, prima per accertarsi l’esistenza del fenomeno e poi per intervenire adeguatamente.

Ho infatti l’impressione che il “barbonismo” domestico abbia, attualmente, in Italia una diffusione decisamente maggiore rispetto a quanto si possa pensare e che sia presente anche in città piccole, anche se in queste ultime dovrebbe essere più facile individuarlo.




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