giovedì 15 settembre 2011 - Martino Ferrari

Chi scrive male, pensa male

“Chi scrive male pensa male”. Qualche tempo fa mi aveva colpito questo titolo, su un giornale.

 

L’articolo raccontava di errori clamorosi (di ortografia, sintassi e compagnia) nei temi svolti per i concorsi da avvocato, per gli esami universitari, nelle mail scritte ai professori, insomma ovunque. Sono rimasto basito quando ho letto di ragazzi che si rivolgono ai loro professori all’università usando il "tu". Ed ero sconvolto scoprendo che un ragazzo ha iniziato una mail per un docente in questo modo: “caro mio…”.

Questi aneddoti mi hanno fatto pensare. Ma quel titolo ancora di più. E’ vero che chi scrive male pensa male? Io credo di sì. Un buon 70% della popolazione del nostro Paese si forma e si informa guardando la tv, senza leggere un giornale (cosa anche comprensibile visto il livello della nostra stampa quotidiana) né un libro.

E guardando la tv, ovviamente, non si impara a scrivere, anzi. Si disimpara a pensare. Perché in televisione è tutto immediato, semplice, pronto. Basta sedersi e cambiare canale. Non c’è alcuno sforzo mentale, alcuna fatica intellettuale. E di conseguenza manca un progresso per noi stessi. Non otteniamo dei risultati fissando quella scatola luminosa.

La lettura, al contrario, stimola il cervello, richiede attenzione, ci mette di fronte a “sfide” lessicali o sintattiche e concettuali. Spesso dobbiamo adoperarci per cogliere un significato nascosto, che sta dietro a quanto stiamo leggendo. E tutto questo ci permette di imparare, di migliorarci e di sviluppare un nostro modo di pensare e di porci di fronte alle cose. Riusciamo, in altre parole, a formarci uno spirito critico. Un pensiero critico.

Ecco quello che manca totalmente a tanta, tanta gente. La capacità di porsi delle domande, di non fermarsi alla superficie, alla pappa pronta e servita ma di domandarsi il perché e guardare più a fondo.

La Commissione dell’Unione Europea ci informa che in Italia un quindicenne su cinque non possiede “le capacità fondamentali di lettura e scrittura”. Il 20% dei quindicenni italiani è quindi semianalfabeta. E se non apprende queste capacità fondamentali adesso, molto probabilmente non lo farà mai più. E resterà semianalfabeta.

Visto che la lettura non è un’attività naturale e richiede tempo perché se ne apprezzi la bellezza e il valore, chi non ha iniziato a praticarla da bambino o ragazzo cade in un circolo vizioso: siccome gli riesce difficile leggere, non legge; e siccome non legge, gli riesce difficile leggere.

E allora ecco che ritorniamo alla predominanza del modello televisivo: non essendo abituati (e forse capaci) di leggere, ci si abbevera solo dal linguaggio della tv, che rende tutto banale e rapido. Non si impara ad analizzare e riflettere, azioni che la lettura e la scrittura insegnano.

Il risultato è l’allontanamento completo da ogni forma di complessità. Ci si basa solamente su quel poco che si sente e si vede, bombardati come siamo da notizie in ogni momento e dovunque.

Si perde il senso della realtà, che è un insieme di più strati che vanno conosciuti e affrontati. Con la lettura e la scrittura possiamo farlo, possiamo sviluppare quello spirito critico che ci permette di aprire bene gli occhi.

Ma se un il 20% dei quindicenni non sa leggere, figuriamoci scrivere. La situazione sarà ancora più tragica. Ovviamente il problema (anche quello della lettura) non è circoscritto solo ai ragazzi.

Basta guardarsi intorno per rendersi conto che gli adulti sono allo stesso livello (se non peggio, in certi casi). E quindi abbiamo una società composta da una buona parte di persone che non legge e non sa scrivere. Non ha uno spirito critico.

“Chi scrive male pensa male”. Sarà vero oppure è stata solamente la boutade di un titolista sagace? A voi la risposta.



2 réactions


  • (---.---.---.243) 15 settembre 2011 18:56

    Per insegnare a mia figlia il gusto della lettura, per oltre tre anni, quasi tutte le sere la portavo a letto e gli leggevo una favola. Quando la bambina è cresciuta ed ha imparato a leggere a scuola allora ho allentato la mia lettura incitando lei a farlo. In questo modo ha imparato che è bello e gradevole leggere. Inoltre sin dal primo anno mi sono sforzato di parlare con lei un italiano non semplificato, ma quanto più possibile ricco di vocaboli. Dedicandogli quotidianamente un po di tempo - senza essere invadente (che è un rischio serio dagli effetti deleteri) - credo di essere riuscito a dare un buon contributi a mia figlia, che oggi è felicemente sposata e ricercatrice in una università inglese.


  • Martino Ferrari Martino Ferrari (---.---.---.219) 15 settembre 2011 19:07

    L’impegno e l’interesse di genitori come lei mi fanno ben sperare per il futuro. Ho ventun anni, e guardando ai ragazzi della mia età o a quelli più piccoli mi accorgo che non tutti, ma sicuramente una buona parte di essi non leggono e scrivono e parlano in maniera pietosa. Non mi ritengo Dante Alighieri, ma devo ringraziare la mia famiglia ed alcuni ottimi professori che mi hanno insegnato l’amore per la lettura e la capacità di padroneggiare bene l’italiano. Spero che tanti altri ragazzi (e non solo) possano dire lo stesso!


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