lunedì 26 marzo 2012 - Trilussa

Se i veri barbari fossimo noi?

Chi sono i veri barbari?

I talebani con le loro tradizioni millenarie e ancora con il concetto dell'onore o i responsabili dei vari atti di violenza che ogni giorno occupano le cronache dei nostri giornali?

Luca Rosi aveva 38 anni, lavorava in banca, e quel giorno con la fidanzata era andato a trovare il padre, nella sua villa a Ramazzano, una quindicina di chilometri da Perugia.

Non era la sua giornata fortunata perché proprio in quel giorno una banda di rumeni decide di prendere di assalto la villa a scopo di rapina e sequestrare gli occupanti. Non era la loro prima missione, la banda aveva già colpito nella zona in più di una occasione e in un paesino vicino, Resina, durante il furto avevano anche violentato una donna di 54 anni. Roberto sapeva delle rapine in zona e sapeva anche che in questi casi non si deve fare resistenza anche perché i ragazzi, molto giovani, rumeni probabilmente dall’accento, erano noti per la loro crudeltà ed era meglio assecondarli per non scatenare la loro furia. Ma c’era anche la sua ragazza, di questo si preoccupava Luca, tanto da implorare ai rapinatori di prendere pure tutto ma di non molestare la ragazza innocente. Non una vera protesta, e nemmeno un tentativo di ribellione dato che era legato, ma solo una richiesta, innocua, banale, scontata per chi vuol difender la persona amata. Sufficiente però per essere ucciso con cinque colpi di pistola. Con freddezza, senza alcuna pietà, senza motivo anche. Un delitto inutile e crudele, a sangue freddo, non giustificato nemmeno da paura, dalla necessità di fuggire, da uno scatto di rabbia. Incomprensibile per un essere umano.

“Gli assassini di mio figlio sono bestie e andrebbero assicurati alla giustizia in posti adatti alle bestie e non alle persone" ha commentato Bruno Rosi, padre di Luca alla notizia che due degli autori erano stati arrestati. "La notizia non ci rende soddisfatti - ha aggiunto - perché il dolore ha il sopravvento su tutto. Però almeno non faranno altro male".

Come non essere d’accordo con questo padre, come non partecipare con lui all’amarezza di questo fatto atroce che colpisce anche noi spettatori soprattutto per la inutile crudeltà, per lo sprezzo della vita umana, della persona e che mettono in dubbio la nostra fiducia nell’uomo, nelle sue qualità che lo distingue dagli animali e che in questo caso si annullano di fronte a questa inutile e incomprensibile barbarie.

Mi domando quale sia la pena più giusta per un simile atrocità. Il primo impulso sarebbe quello di pensare che di fronte a tanta gente nel mondo che soffre e che muore di fame, disgraziati innocenti con solo il peccato di essere nati magari nel continente sbagliato, spendere denaro e impegno per queste persone forse non ne varrebbe la pena. Non se lo meritano. Ma poi mi sorge il dubbio e considerando anche che sono molto giovani forse si può sperare di recuperarli, ma di sicuro prima andranno destinati ad un lungo percorso di impegni e di cultura, gli unici rimedi per cercare di far affiorare un po’ di umanità e consapevolezza in questi esseri che con difficoltà si possono definire umani.

Alessio Burtone invece è stato già processato e se la cava con 9 anni di carcere contro il parere del PM che ne aveva chiesto 20. Alessio ebbe un piccolo diverbio con un infermiera rumena nell’atrio della stazione Anagnina di Roma nel 2010. Lui la offese pesantemente, lei gli sputò e lui le diede un pugno in piena faccia che la fece cadere a terra , battere la nuca e morire una settimana dopo al Policlinico. La Corte ha ridotto la richiesta di pena perché non ha accettato l’aggravante della causa della morte per futili motivi. Al che mi dovrebbe spiegare, il giudice che ha negato l’aggravante, perché un diverbio puramente verbale fra due sconosciuti in una stazione della Metropolitana non possa essere considerato un motivo piuttosto futile per uccidere!

Alessio è tanto un bravo ragazzo, disse la madre, ed ha solo qualche piccola denuncia per rissa, ma poca cosa e il fatto che non abbia soccorso la donna girandole le spalle e lasciandola stesa a terra è perché non si era reso conto! Il ragazzo infatti era stato fermato da un militare in borghese che aveva visto la scena; lui tranquillamente, dopo averla stesa a terra con un pugno in pieno viso, se n’era andato per i fatti suoi.

Pensando a questi episodi a me viene sempre in mente l’Afganistan, i Talebani, questi popoli così lontani da noi e su cui facciamo sempre la stessa premessa che sono barbari, che uccidono, mutilano, lapidano. Sono indubbiamente popoli crudeli, che vivono una vita molto dura e che usano criteri di giustizia forse incomprensibili a noi occidentali, che hanno una concezione della donna così lontana dal nostro modo di vedere e per cui vengono considerati dei selvaggi.

Tuttavia quello che fanno, nella loro crudezza, non è per odio o per rabbia ma in base alla loro legge, in base a dei loro atavici principi, ad usanze millenarie che non si possono eradicare semplicemente portando loro la “nostra” democrazia. Questi popoli vivono da una parte del mondo.

Dall’altra parte del mondo ci siamo noi, la civiltà evoluta, la democrazia, che vive del compiacimento per il rispetto che diciamo di avere per le donne, che definiamo libere (dalla moda? dall’apparire forse? dalla vecchiaia?), quella civiltà occidentale che si pone come modello universale da esportare in ogni angolo del mondo. Viviamo credendo scioccamente di poter cambiare per legge quei comportamenti, quelle usanze di sempre che di solito hanno bisogno di secoli e di molte generazioni per modificarsi.

Io comincio a sospettare che questa smania di esportazione “democratica” non serva tanto al riscatto degli ultimi o alla liberazione della donna, tenda invece allo scopo meno nobile di far diventare tutti come noi, simili ai popoli occidentali così permeabili alle idee ma soprattutto ai prodotti e alle economie delle grandi multinazionali, dei grandi imperi economici che hanno necessità di produrre, di vendere, di accumulare ricchezza e potere.

Al contrario queste civiltà definite antidemocratiche, questi popoli cosiddetti barbari sono talmente diversi da non essere assolutamente permeabili a queste idee, nemmeno troppo sensibili alla corruzione perché mantengono un’idea dell’onore ancora elevata e non oramai affievolita e fuori moda come da noi occidentali. Non ambiscono all’iPad o all’iPhone e nemmeno alla 4x4 ultimo modello che fa tanto fico tenere sporca per far vedere quanto siamo amanti dell’avventura.

Non dico che bisognerebbe tornare indietro e aspirare a diventare come questi popoli, dico solo che siamo diversi e quando sento questi fatti crudeli, insensati, inumani che accadono da noi mi domando se la nostra civiltà possa avere un limite, superato il quale diventiamo noi i veri barbari.



3 réactions


  • (---.---.---.233) 26 marzo 2012 14:38

    "Che i veri barbari fossimo noi?"

    Articolo raffazzonato ed il cui titolo è incomprensibile, a meno che l’autore dello stesso non sia Rumeno.


    • (---.---.---.107) 26 marzo 2012 18:26

      C’è scritto "se i veri barbari fossimo noi" almeno leggi prima di infamare gente che neanche conosci.


  • (---.---.---.115) 26 marzo 2012 15:38

    Questa storia mi sembra eccessivamente pompata ad arte. Dati alla mano avvengono in media 2/3 omicidi al giorno in Italia, con le più svariate motivazioni. Perchè quì ci è stata ricamata sotto questa storia? Come se l’opinione pubblica avesse bisogno di una classificazione dei delitti: i politicamente corretti, e i politicamente scorretti. E questo è balzato sotto i riflettori perchè non concepiscono tale omicidio come "umano", mentre un qualsiasi omicidio dettato da avidità, o passionale, ecc... secondo una logica malsana è considerato meno grave, quasi comprensibile.
    Questo mondo dell’informazione mi sembra sempre più bigotto e ruffiano.


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