sabato 10 settembre 2016 - FRANCESCO ANNICCHIARICO

Charlie Hebdo e Terremoto | Je suis Républicain

Il lato su cui vorrei porre maggior attenzione e su cui verte il maggior interesse, non considera l’effetto mediatico che le vignette di Charlie Hebdo, sul terremoto italiano, hanno generato.

Poco importa se non possono considerarsi satira. La libertà di espressione permane come valore che appartiene a tutti.

 

A questo proposito vorrei citare la maggiore opera inglese a supporto della libertà di stampa e di pensiero: l’Areopagitica di John Milton (1644).

“Dal momento quindi che la conoscenza e lo studio del vizio sono così necessari in questo mondo al formarsi dell’umana virtù, e l’analisi dell’errore alla conferma della verità, come possiamo esplorare le ragioni del peccato e del falso con più sicurezza e minor pericolo che leggendo ogni genere di trattati e ascoltando ogni genere di ragioni?” (Areopagitica -Rusconi Editore 1997).

Vorrei, nella fattispecie, considerare “vizio” l’uso dello stereotipo, connotato al pregiudizio che uno straniero può avere di un Italiano.

Procederei con l’analisi delle vignette, perché come lo stesso Milton scrive, sono sufficienti pochi elementi per suscitare un pensiero:

“…è certo che un uomo saggio farà miglior uso di un opuscolo futile di quanto uno sciocco farà della Sacra Scrittura.” (op. citata, Rusconi Editore 1997)

Pertanto procederei, ricordando la prima vignetta intitolata “Terremoto all’italiana”: in questa, i volti caricaturalmente affranti di un uomo e una donna sopravvissuti al sisma , rappresentano ciascuno una diversa portata culinaria a base di pasta, inoltre all’ estremità del disegno è rappresentato un accumulo di corpi umani e detriti, che rappresentano la famosa pietanza italiana della “lasagna”.

E’ una scena che vorrebbe descrivere l’italiano medio, come persona carente di senso critico, nient’affatto in grado di generare pensieri ed azioni coerenti, ed utili a vivere in modo dignitoso, probabilmente solo dedito a mangiare.

Cosa è uno stereotipo? E’ anch’esso una caricatura, cioè l’accentuazione di alcuni aspetti e l’ignoranza di altri.

A mio giudizio esso si genera per la mancanza di dialogo, in particolare tra le diverse culture.

Credo anche che tale vignetta non debba generare solo sdegno, ma che possa essere un punto di partenza per un nuovo dialogo.

Ricordo di seguito, come Milton considera necessario far fruire al pubblico anche gli opuscoli già definiti come “viziosi”. Tocca all’opinione pubblica discernere da questi e trovare la via perché la vera conoscenza della realtà possa essere compresa e condivisa.

E’ proprio questo grande letterato inglese che utilizza la parola “laico”, forse importante per comprendere come eliminare stereotipi e pregiudizi:

“Né (la censura) appare un’offesa minore per i comuni lettori in quanto, se noi siamo così pieni di sospetti da non osare di affidare loro un opuscolo inglese, che altro facciamo se non censurarli come gente senza cervello, corrotta e senza principi…Né possiamo pretendere che questa sia cura o amore per loro, dal momento che in quei Paesi cattolici dove i laici sono oltremodo odiati e disprezzati la medesima severità è usata verso di loro” (op. citata, Rusconi Editore 1997)

Pertanto chi ha “sete” di conoscenza non deve essere frenato da censure né deve temere di veder circolare opinioni apertamente offensive della stessa dignità delle persone.

Nel ‘600 di Milton, la Penisola italiana era lontana dallo stato di laicità, ma la raggiunse nel secondo ‘800 con l’unificazione che segnò l’inizio delle prime libertà civili e della rincorsa a potenza continentale.

Il Patriottismo che una volta imperniava la Nazione, aveva lo scopo di dare una forte identità civile e far conoscere la cultura nazionale agli stranieri, in una visione di scambio reciproco e di accrescimento fraterno. Purtroppo quell’immaginario laico, l’Italia lo perse, a causa delle guerre e della dittatura.

La seconda vignetta di Charlie Hebdo vorrebbe essere forse esplicativa della prima e portatrice di denuncia sociale: una donna terremotata in primo piano e la frase che campeggia. “Italiani.. non è Charlie Hedbo che costruisce le vostre case, è la mafia!”.

Credo anche qui è palese la superficialità d’indagine del vignettista, che considera tutti gli edifici crollati come se fossero costruiti dalle organizzazioni criminali, (quindi in barba alle leggi), senza che i cittadini avessero avuto modo di contrapporsi alla logica mafiosa.

Naturalmente anche in questo caso lo stereotipo dell’italiano è evidente: una società che è succube e connivente con il crimine.

La ricerca della verità deve essere sempre da guida e le scelte devono sempre avere un sapore laico, in special modo quelle prese per contrastare il crimine e favorire lo sviluppo sociale, oltre un’etica popolare.

Nel ‘600 un altro inglese (d’adozione), Bernard Mandeville, sottolineò nella sua opera “La favola delle api” come unendo le utilità dei singoli, si generava ricchezza e stabilità sociale.

Le frasi di Milton su come concepire la verità:

“Ha ragione chi osserva che la nostra fede e la nostra conoscenza, così come le nostre membra e il nostro aspetto, prosperano con l’esercizio. Nella Sacra Scrittura la verità è paragonata a una fonte che scorre: se le sue acque non fluiscono in perpetua continuità, imputridiscono in uno stagno melmoso di conformismo e tradizione. Un uomo può essere eretico pur nella verità; se infatti crede qualcosa solo perché così dice il Pastore o così stabilisce l’Assemblea, senza farsene altra ragione, anche se ciò che crede è vero, tuttavia la verità stessa che possiede diviene la sua eresia.”(op. citata, Rusconi Editore)

Infine, la poesia è una chiave di conoscenza potente: il domenicano Tommaso Campanella, 1622.

Madrigale 5

Privata invidia ed interesse infetta

Italia mia; né di servir si smaga

chi d'ignoranza e discordia la paga,

e la propria salute le ha interdetta:

virtù ascosta e negletta

a te medesma, e nota a tutto 'l mondo

sotto 'l bello e giocondo

latino imperio: che di gente eletta

fu in lettere ed in arme più fecondo

che l'universo tutto quanto insieme

con verità, ch'or sotto 'l falso geme.




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