martedì 16 agosto 2016 - Giovanni Greto

Biennale Teatro di Venezia, un “Pinocchio” commovente

Un lavoro genuino, sincero, senza nascondere nulla, che alla fine fa commuovere. E’ quanto accaduto al teatro alle Tese, nell’ambito della Biennale Teatro, dove la compagnia veronese Babilonia Teatri, fresca vincitrice del Leone d’Argento, ha ideato, se così lo si può definire, un teatro-verità, prendendo a prestito frammenti di testo, evocazioni e personaggi di “Pinocchio”, la celebre fiaba-racconto di Collodi. Protagonisti tre non-attori dell’associazione bolognese “Gli amici di Luca”, la quale, oltre ad aiutare persone con disabilità acquisita, dal 2003 ha istituito una compagnia teatrale con lo stesso nome, composta da ragazzi che hanno vissuto l'esperienza del coma, attori, volontari, operatori della Casa dei Risvegli e che ha come finalità l’integrazione sociale, la riabilitazione delle persone con esiti di coma e la sensibilizzazione della società al problema.

Il pubblico nell’atto di prendere posto, si accorge che c’è un uomo a torso e piedi nudi e con un naso lunghissimo (Luca Scotton) seduto in fondo al palcoscenico. Si spengono le luci e contemporaneamente risuonano le note di “Carissimo Pinocchio”, una vecchia canzone melodica, cantata in maniera accorata, con risvolti dolciastri, da Johnny Dorelli. A questo punto entrano i protagonisti, tutti romagnoli, anch’essi a torso e piedi nudi: da sinistra a destra rispetto a chi guarda, Paolo Facchini, Luigi Ferrarini, Riccardo Sielli. Una voce off (Enrico Castellani, direttore, con Valeria Raimondi, di Babilonia Teatri), comincia a fare delle domande a ciascuno dei tre attori, che a poco a poco, in maniera sempre più profonda, narrerà di come sia entrato e per quanto tempo sia rimasto in coma; che lavoro faceva prima; come vive adesso e se nutra, e di che tipo, qualche speranza per il futuro. Si viene a conoscere il piatto preferito (tortellini in brodo, ad esempio, per Facchini), la gran voglia di ragazze nel più giovane (Sielli, 36 anni), l’amore o meno per la lettura (Ferrarini, 53 anni, dice di aver scritto un libro sull’esperienza accadutagli). A tempo di disc-music anni ’70, ad un certo punto uno scatenato Facchini (53 anni), si vedrà trasformare, come il Pinocchio della favola nel paese dei balocchi, in un ciuchino. La fata turchina diventa la speranza di vivere – non in maniera virtuale – una relazione sentimentale con una donna, di cui ciascuno traccia l’aspetto fisico e caratteriale ideale. Colpisce la voglia di andar oltre una situazione invalidante, di non abbattersi, di continuare a lottare, a meno che ognuno non reciti un copione, ma non è sembrato.

La pièce si conclude con i protagonisti seduti su una seggiola, muniti di giganteschi cartelloni, su cui il pubblico legge la traduzione italiana di “Yesterday”, che contemporaneamente viene diffusa nella versione originale dei Beatles. Poco prima, forse legata al fatto che ognuno dei tre si trova nella condizione odierna a causa di un incidente automobilistico, era stata sparata ad alto volume “Voglio una vita spericolata” di Vasco Rossi.

Al buio finale, la platea esplode, catarticamente, in applausi, inducendo ad una serie infinita di inchini i quattro protagonisti, visibilmente felici. Quanto alla scelta di esibire il corpo nudo, è motivata – ha dichiarato in un’intervista radiofonica Castellani – “dalla volontà di smascherare ogni ipocrisia perché il corpo ha la sua dignità”. Per concludere, vale la pena di citare l’inizio della motivazione del “Leone d’Argento per l’innovazione teatrale” secondo il direttore della Biennale teatro Alex Rigola : “ Per essere sempre alla ricerca di un messaggio positivo in tempi e situazioni in cui sarebbe facile fare il contrario. Per i loro spettacoli, strumento di sensibilizzazione rispetto alla complessità della nostra società. Per la sensibilità verso i più svantaggiati. Per la sensibilità nel trattare tematiche complesse senza abusare dei drammi reali degli interpreti”.




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